Il termine 'angelo' deriva dal greco antico àngelos, messaggero, ma se questo è il significato generico del vocabolo, per l’uso che ne fecero i traduttori greci della Bibbia per rendere la parola ebraica mal’akh, messaggero, ministro, esso acquistò anche il senso specificatamente religioso di essere sovrumano, intermediario tra Cielo e Terra, tra Dio e uomini. S. Agostino, nella sua 'Enarratio in Psalmos' (103, 1, 15), afferma che la parola Angelo designa l’ufficio e non la natura di queste creature: il nome di questa natura è dunque spirito, mentre per quello che compiono essi sono Angeli.
Gli artisti di ogni tempo ci hanno abituati a immaginare i radianti messaggeri divini o come esseri alati o come stormi d’uccelli in volo, pur conservando sempre la connotazione di uomini perfetti: bellissima e classica l’immagine lasciataci da Dante che, mentre attende con Virgilio, lungo il mare, il sorgere del sole, vede (e lo descrive all’inizio del II canto del Purgatorio) venir da lontano una barca guidata dall’angelo che porta le anime al Purgatorio.
La prima non è che un’impressione di luce e di moto:
Cotal m’apparve, s’io ancor lo veggia,
un lume per lo mar venir sì ratto,
che’l muover suo nessun volar pareggia;
dal qual com’io un poco ebbi ritratto
l’occhio per dimandar lo duca mio,
rividil più lucente e maggior fatto.
Poi l’attento poeta, muto e attonito spettatore di un prodigio, dai due lati del volto dell’angelo, nota l’apparire di un 'non sapea che bianco': le ali candide sopra un’altrettanto nivea veste... Un'immagine quasi fotografica.
Le prime immagini degli Angeli risalgono all’arte bizantina del IV sec.: totalmente greche nell’origine, esse richiamano subito alla mente gli dei alati del mondo classico. Nel V sec. aureole raggianti iniziano a circondare le angeliche teste, creando quell’immagine archetipica che è sopravvissuta fino ad oggi. Comuni a tutte le rappresentazioni degli Angeli sono poi gli attributi simbolici della luce, del volo e della bellezza paradisiaca: quest’ultima infatti deve comunque venir inevitabilmente espressa in termini umani e secondo lo stile contemporaneo dell’arte. I volti appaiono tipicamente giovanili e sereni, sorridenti ed eterei, radiosi e soavi, mentre i corpi leggiadri dalle morbide movenze sono avvolti da tuniche lunghe e sciolte alla moda classica, solo raramente sacerdotali o eleganti. Inoltre mentre gli Angeli di stile bizantino sono immobili ed attraenti con quei loro occhi solenni e quell’aria seria, quelli del Medioevo diventano eterei ed immateriali, scomparendo spesso in un turbine di mantelli e stoffe sfarzose o in un cielo di 'nimbi'; fluidi ed espressivi invece, gli Angeli gotici talvolta condividono il dramma umano, come fanno gli spiriti turbati e sconvolti di Giotto ('La lamentazione'). Quelli del Rinascimento, del Melozzo o del Botticelli per esempio, recano in sé invece una particolare sublime grazia, che forse mai più si rivedrà; durante l’era barocca ancora, gli Angeli emergono dal panorama pittorico in veste di dolci, paffuti e candidi cherubini, dalla freschezza infantile derivata dall’Eros e dal Cupido dell’antica Grecia, mentre, per contrasto, gli Angeli barocchi 'adulti' sono dipinti come splendidi esseri in volo, ammantati da sontuosi drappeggi.
Le sognanti creazioni italiane dei pre-raffaelliti e degli ultimi Romantici fanno poi rivivere alcuni aspetti rinascimentali, mentre molti Angeli moderni hanno in sé quella semplicità e quella spiritualità che si ritrovano nei ritratti più antichi.
Nelle opere che li elevano a soggetto, la luce che dà la vita, simbolo universale di divinità, è assai costantemente riflessa nelle forme appunto luminose degli Angeli di tutti i tempi: le lingue di fuoco, i gioielli iridescenti, le sfumature policrome delle ali*, i caldi colori dal giallo al rosso, il biondo oro delle lunghe mosse capigliature... infatti sottolineano sempre quella luce della divina intelligenza, della serenità, della compostezza insita in loro.
Gli Angeli appaiono nella maggior parte delle scene del sacro racconto cristiano, dalla Creazione all’Apocalisse; la musica li supporta in ogni loro attività e i loro celestiali concerti glorificano Dio, Cristo, la Vergine e i Santi. Come guardiani del genere umano accompagnano le persone nel loro viaggio attraverso la vita, ispirandole, consolandole, proteggendole e punendole. E finalmente, al fatidico squillo di tromba, staranno vicini alle anime, sostenendole nelle prove del Giudizio, per poi condurle danzando lietamente verso i cancelli del Paradiso.
John Milton, autore del famoso Paradiso perduto, affermava che 'Gli Angeli, soddisfatti della loro fama celeste, non cercano lodi dagli uomini'. Odilon-Jean Périer ritiene che gli angeli (quelli veri non hanno, a suo parere, bisogno dell’aureola) non scendono sulla terra senz’apportarvi dell’incertezza, senza alterare gli schemi delle umane sicurezze e dei poteri. Eppure moltissimi artisti di varie epoche, soggiogati dal fascino di queste divine creature, si sono ostinati a rappresentarli con il pennello, con lo scalpello, con il calamo ed ai giorni nostri persino tramite attori. Lasciamoci allora sedurre da questi esseri speciali che Dio si é compiaciuto di creare e... come petali di rose in un deserto di sale, amore, compassione, dolcezza, pensiero comprensivo scendano... tra noi.
Iconografia. Le prime immagini cristiane degli Angeli (apteri, ossia senza ali) parrebbero mostrare archetipi più che ritratti: la più antica rappresentazione di Angeli conosciuta risalirebbe alla fine del II sec., ed è visibile sulla volta del cubicolo della catacomba di Priscilla a Roma. Si tratta presumibilmente di un’Annunciazione e la celeste figura vestita di tunica e pallio, antistante una matrona seduta in uno scranno, sarebbe appunto un Angelo. Col trascorrere del tempo gli artisti (dal V sec. in poi) si concessero un’apposizione iconografica che sarebbe diventata determinante: dietro le angeliche spalle spuntarono così le ali, attributo questo che riporta ad una Nike (la Vittoria classica) o a una Psiche (immagine dell’anima) opportunamente cristianizzate. Le ali simboleggiano il volo, la libertà dei cieli e il potere di far da ponte tra Dio e l’umanità: quelle grandi e incrociate dello stile bizantino sono maestose e stilizzate, talvolta non più che con una linea bianco neve; quelle del Medioevo sono chiare, spesso trasparenti, esili e finemente colorate in molte file. I cherubini ed i serafini, simili a stelle, appaiono dotati anche di tre paia di ali: quelle blu dei primi suggeriscono la sapienza divina, quelle rosse dei secondi rappresentano l’amore ardente. Gli artisti rinascimentali e barocchi modelleranno le ali angeliche su quelle degli uccelli più belli, cigni e pavoni, simbolo dell’eternità. Ma poiché – ali a parte – gli Angeli sono uomini e indossano abiti maschili, mentre le Vittorie sono donne, nelle fattezze e nelle vesti, è bene non confondere le due cose: anzi, per es. Giustino I, con l’intento di evitare questi dubbi, consigliò di raffigurare gli Angeli sulle monete sempre frontalmente e con la croce nella destra. Altra fortunatissima frequente iconografia è quella che accosta l’Angelo al putto alato derivato dagli Eros o dai Cupido greci. Ali quindi per dar l’idea dell’elevazione e degli spostamenti subitanei a velocità incredibile, ali perché 'ogni spirito è alato' – scriveva Tertulliano (Apologeticum) – e in un attimo 'è dappertutto', ali per significare 'il rapido guizzo' – chiariva Isidoro di Siviglia, non mancando di sottolineare l’aspetto di convenzione di questi organi, simboli di istantaneità e di natura impalpabile del corpo angelico. Corpo ora aereo, ora igneo, ora tratto dall’aria come in una nuvola (ne abbiamo un mirabile es. nella scena della 'Crocifissione' di Giotto, Cappella degli Scrovegni, Padova): la nuvola sottendeva l’idea della compenetrazione degli opposti (acqua e fuoco) e rivelava la presenza della luce, oltre a simboleggiare l’armonia delle sfere. Ali anche talvolta incrociate, in atteggiamento protettivo, di riparare con amorevole cura quanto li circonda. Ali forse per nascondere il mistero di quella divina creazione che nessuno – teologo, filosofo o poeta – saprà mai spiegare del tutto. E così sarà che i pittori più celebri useranno le ali nelle varianti più bizzarre e nei colori più sfumati, presi a prestito dal mondo animale e delle fiabe, per testimoniare l’invisibile realtà di queste impalpabili aeree intelligenze celesti, al contempo possenti come il soffio del vento. Costruire un’immagine angelica è sempre stata un’ardua impresa, ma certo siamo grati agli artisti di tutti i tempi che hanno almeno cercato di tradurre e comunicare un’entità davvero complessa da raffigurare: ed ecco che il sommesso vibrare di ali – per altro mai viste! – ci accompagna dolcemente nella scoperta di altri autori, che con altri mezzi han provato a suggerirci l’angelico brusio...
Letteratura. Non possiamo certo sapere se poeti e narratori derivarono le loro angeliche descrizioni da esperienze personali di visioni, da particolare intuizione o da pura immaginazione: per es. il pittore e letterato inglese William Blake affermava di ispirarsi sempre a immagini che gli apparivano come realtà perfette, non diversamente per es. dai pittori Marc Chagall e Hieronymus Bosch, che ci hanno lasciato stupende elaborazioni artistiche. Parlando di poeti capaci di far vivere suadenti spiriti angelici, subito dobbiamo richiamare il sommo Dante, che, con la voce melodiosa delle sue immortali terzine, tutt’oggi sa condurci per mano a contemplare i luoghi dove la luce non ha tramonto e dove la gioia non conosce più limiti. E il 'Paradiso' è tutto un fruscio di vesti e di ali, un brusio sommesso, un risuonar di morbide voci piegate al canto, un echeggiar di suoni di armonie senza uguali. Dopo la Bibbia forse 'La Divina Commedia' è l’opera le cui pagine illustrano il maggior numero di Angeli. Di poeta in poeta, se pur attraversando i secoli, torna in mente R.M. Rilke, che nelle sue 'Elegie duinesi' presentò una visione non proprio cristiana dell’Angelo, creatura non tanto in rapporto con Dio, quanto piuttosto garante della totalità di un mondo che è composto di visibile e di invisibile. È un Angelo questo appartenente ad una realtà evanescente, che non si sa se propria dei vivi o dei morti; una creatura da ammirare per la sua perfezione e per la sua 'eccessiva' bellezza. 'Chi siete voi?' chiede il poeta; e risponde: 'Primi perfetti, viziati della creazione, profili di vette, creste di tutto il creato rosse d’aurora, polline della divinità in fiore, articolazione di luce, anditi, scale, troni, spazi d’essenza, scudi di delizia, tumulti di sentimento in tempeste d’entusiasmo, e a un tratto, uno per uno specchi: la bellezza che da voi defluisce la riattingete nei vostri volti'. Altro autore che si è occupato specificamente dell’argomento fu P. Claudel: in due note tratte da 'Présence et prophétie' espone il suo pensiero decisamente cristiano. 'L’Angelo è il contemporaneo della nostra origine e il contemplatore della nostra ragione d’essere. Egli ci conosce... per un’applicazione totale del suo essere sul nostro'. E ancora: 'L’uomo esiste per conoscere e l’Angelo conosce per esistere'. Interessante poi è anche l’angelologia rappresentativa di M. Cacciari, che, in un bel saggio intitolato 'L’Angelo necessario' (illustrato dai disegni di Klee), ci parla dell’Angelus interpres che 'trasmette l’invisibile in quanto invisibile e non lo tradisce con i sensi', facendo così corrispondere la capacità creativa dell’uomo alla rivelazione della verità e viceversa. Goethe, nel 'Prologo in cielo' del Faust, introduce i tre Arcangeli (quali spettatori del dialogo tra Dio e Mefistofele, che scommettono sull’anima di Faust) come personificazioni poetiche più che come figure bibliche. Il motivo dell’Angelo ricorre anche nella famosa novella 'Morte a Venezia' di T. Mann: Tadzio, infatti, il bellissimo adolescente polacco di cui il protagonista del racconto, ormai maturo scrittore, si è inconsapevolmente invaghito, si trasforma nell’Angelo della morte. Romantica l’immagine della scena finale in cui, davanti agli occhi del protagonista morente, Tadzio procedeva a capelli sciolti, laggiù, nel mare, nel vento, simile a un’apparizione improbabile e distante su uno sfondo di nebbia senza confini. Quasi contemporaneo di Mann fu F. Kafka, il tormentato scrittore ungherese che nei suoi Diari annota una straordinaria pagina di angelica visione: ... al bianco del soffitto cominciò a mescolarsi un viola azzurrino... Mandava addirittura un biancore radioso... ed ecco, in quel viola si insinuarono dai lati colori gialli, giallo-oro... Da grande altezza scese lentamente nella penombra un Angelo vestito di panni di un viola azzurro, cinto di cordoni d’oro, con grandi ali bianche dal fulgore di seta, la spada vibrata orizzontalmente nella mano sollevata. Ecco che il cielo si apre simbolicamente per dar luce all’angoscia di quell’uomo, scettico e solo, che forse avrà conosciuto i colori e le loro sfumature proprio dopo quell’incontro stupendo. Ancora in P. P. Pasolini un Angelo fa capolino sotto le spoglie di 'l’Angiolino' il postino, messaggero di pace gioia e serenità, tra le pagine di 'Teorema'; e persino in S. Rushdie, che nel suo 'I versi satanici' – che scandalizzò Khomeini tanto da causargli una condanna a morte – fa trasformare un famoso attore indiano in Gibreel, una specie di moderno Arcangelo che emana da tutto il corpo una lieve luce dorata. Divenuto così simbolo del Bene continuerà a vivere contrapponendosi a Saladin, personificazione del Male. E Angeli ancora scaturiscono dai vari F. Hôlderlin, A. France, S. George, P. Valery, S. Bellow, Morrison, F. O’Connor, B. Malamud, L. Tolstoy o W. Stevens... Tutti letterati che ci hanno presentato realtà ultraterrrene che ci costringono a considerare che cosa significhi diventare persone complete, responsabili e capaci di affrontare le sfide che il nostro mondo ci propone. Figure angeliche che ci travolgono con la loro forza, che si fanno percepire, che ci sorprendono con la loro piacevolezza, che ci inducono all’ascolto di nuove voci cui non avevamo forse mai pensato e che parlano al nostro cuore con parole nuove di nuove possibilità.
Cinematografia. La decima musa, la forma d’arte più vicina alla nostra mentalità, non ha potuto esimersi dal parlarci anch’essa delle creature angeliche. Forse uno dei film più noti a riguardo resta 'Il cielo sopra Berlino'** del regista tedesco Wim Wenders: vi si narra la storia emozionante di due angeli, Cassiel e Damiel, che scendono sulla terra e vengono sedotti dal nostro mondo così sensuale, tanto che, per amore, uno di loro decide di farsi uomo e non tornare più in cielo. Dopo quel film la gente ha iniziato a prestare una maggiore attenzione agli Angeli e l’aspetto positivo va forse visto nella propensione a guardare verso il futuro, verso un mondo 'altro' dal nostro. Angelo indimenticabile il Monello di Chaplin; Angelo più carnale quello interpretato dalla splendida Marlene Dietrich nel film 'Angelo' di E. Lubitsch; Angeli tutti al femminile quello con l’ala spezzata di 'Appuntamento con un Angelo' di Tom Mc Loughlin e quello di 'Love Dream' pronto a esaudire ogni desiderio di C. Lambert; Angelo distratto e un po’ pasticcione quello de 'Il Paradiso può attendere' di W. Beatty; Angelo della pace quello che entra nel mondo dei pistoleri in 'Solo il cielo lo sa' di A.S. Rogell; Angelo tenero quello di A. Hepburn in 'Per sempre' di S. Spielberg; Angelo incompleto perché ancora senza ali quello de 'La vita è meravigliosa' di F. Capra; Angelo che invece le ali le perse precipitando in mare quello di 'Senôr muy viejo con unas alas enormes' del cubano F. Birri; Angelo-zio il Gabriele di 'Je vous salue, Marie' di Jean-Luc Godard; Angeli dalle attitudini sportive quelli materializzati più recentemente dalla Walt Disney in 'Angels', etc. E così sfogliando un dizionario di cinematografia rimarremo impressionati dal numero consistente di Angeli neri, bianchi, perduti, azzurri, senza paradiso, senza cielo!
Angeli per tutti i gusti dunque, oggi più che mai di moda, quasi oggetti di culto del 'new age', enfatizzati forse proprio perché sembrano tanto lontani dai problemi e dalle difficoltà del nostro quotidiano. Credere negli Angeli e nella bellezza coinvolgente che sprigionano, quindi anche per gli artisti da sempre ha significato reagire alla depressione e alla paura, consentire all’immaginazione di abbandonare i limiti cronologici del nostro tempo per indirizzarci piuttosto verso una verticalità, che ci solleva e ci trascina in alto trascendendo la vita ordinaria. Quindi, poiché una delle peculiarità più affascinanti dell’arte è quella di accompagnarsi spesso a percezioni sconosciute, suoni mai uduti, voci mai espresse, modi di guardare mai sperimentati, se riteniamo che gli artisti siano dotati di un’intuizione e di una sensibilità più raffinate e intense delle nostre, affidiamoci anche a loro – oltre che alle mediazioni dei teologi – per imparare che cos’é un Angelo.
* Le ali simboleggiano il volo, la libertà dei cieli ed il potere di far da ponte tra Dio e l’umanità: quelle grandi ed incrociate dello stile bizantino sono maestose e stilizzate, talvolta non più che con una linea bianco neve; quelle del Medioevo sono chiare, spesso trasparenti, esili e finemente colorate in molte file. I cherubini ed i serafini, simili a stelle, appaiono dotati anche di tre paia di ali: quelle blu dei primi suggeriscono la sapienza divina, quelle rosse dei secondi rappresentano l’amore ardente. Gli artisti rinascimentali e barocchi modelleranno le ali angeliche su quelle degli uccelli più belli, cigni e pavoni, simbolo dell’eternità.
** Le Passage des anges, del 1926 di Odilon-Jean Périer ispira il film: si tratta di un racconto lungo, in cui fanno capolino versi, a corredo di un’atmosfera 'magica' e gravida di eventi. L'autore, belga francofono, è un poeta surrealista, cercatore di una purezza angelica oltre le umane imperfezioni. È la storia sovrannaturale e bizzarra di Alpha, Michel e Misère, angeli scesi in una città senza nome (perché la storia è adattabile a tutte le città passeggiate dai poeti, come scrive Michele Nigro).
© all rights reserved
Bibliografia
• G. Ravasi, A. Rovetta, “Angeli, spiritualità e arte”, Mondadori, Milano, 1996.
• P. Giovetti, “Angeli”, ed. Mediterranee, Roma, 1989.
• M. Bussagli, “Storia degli Angeli”, Rusconi ed., Milano, 1995.
• R. Lavatori, “Gli Angeli”, Marietti, Genova, 1991.
• R. Hauck (a cura di), “Angeli, i misteriosi messaggeri”, Sperling & Kupfer ed., S. Vittore Olona, 1995.
• G. Del Ton, “Verità su Angeli e Arcangeli”, Giardini ed., Pisa, 1985.