Ipermedia_Club degli Editoriali, associazione professionale nazionale di operatori editoriali, ha dato vita a un nuovo grande progetto formativo, culturale e terapeutico: l’Accademia di Biblioterapia. Tale scelta è discesa dall'esigenza di creare nuove opportunità di ricerca e di lavoro per contrastare l'impatto dell'Intelligenza Artificiale, tentando di rispondere alla sfida di trovare alternative alla sostituzione dell'Umano con la Tecnologia. Quel che ancora non è programmabile nell’IA è l’empatia e chi, come me, crede nelle potenzialità dell’Arte e della Letteratura sa che questo mondo ha molto da offrire anche alla Scienza, promuovendo guarigioni tramite una comprensione più profonda di se stessi. La parola 'terapia' ci avvicina immediatamente al 'prendersi cura', e cura è termine essenziale in editoria libraria. In quest'attenzione al libro visto quasi come persona, c'è già un riferimento importante al fine di percepire la scintilla d'origine, il bagliore da cui è nata la disciplina della Biblioterapia.
Ecco ciò che si propone l’Accademia, in quanto struttura che non mira soltanto a impartire saperi e distribuire chance per metterli in atto, ma anche a costruire una realtà permanente e operativa, in grado di avviare alle attività interne ed esterne i propri associati e di formare docenti, facilitatori, biblioterapeuti.
Nel mio percorso di formazione (sempre in divenire) ho incontrato le nuove acquisizioni di studio provenienti dai campi del cognitivismo e delle neuroscienze, così come i contributi della Medicina Narrativa, dell'area definita del 'darwinismo letterario' e della bio-narrativa. È stato interessante studiare le funzioni di manipolazione del testo e dell'editing implicito, la funzione adattiva dello story-telling e il potenziale cognitivo dell'immaginazione, tenendo sullo sfondo i lavori della graphic medicine, relativi alla pratica di 'estrazione d'immagine', combinando così funzione letteraria, sociolinguistica e di creazione mentale d'immagine. Dalle successive fasi di clusterizzazione degli stili autorali, di profilazione del ricevente, e di approfondimento, ho tratto strumenti per comprendere come evidenziare elementi basilari per il trattamento di problematiche personali cui il 'libro prescritto' possa offrire risoluzioni adeguate, tenendo sempre ben presenti le tre ‘e’ – Emozione, Energia, Editing implicito – che sostengono l’idea di Biblioterapia proposta dall’Accademia.
Le origini della Biblioterapia in quanto prassi sono antiche (la Biblioteca di Alessandria d'Egitto, dispensava già nel IV secolo a.C. nozioni che possiamo rintracciare nell'attuale disciplina, cosa che si ritrova anche nel Corano) e vanno rintracciate in primis nell'uso della Lettura; fondamentale l’apporto di Caroline Shrodes, che, nel 1949, elaborò un modello di Biblioterapia psicodinamico (individuando i meccanismi psichici che si attivano durante l'applicazione della seduta biblioterapica), per cui la si ritiene una delle fondatrici 'storiche' della disciplina.
La multiversalità e le possibili articolazioni e direzioni della Biblioterapia rendono arduo cristallizzarla in formule descrittive statiche rispetto alla densità magmatica della materia: parte rilevante di essa è in fase felicemente sperimentale, malgrado diversi punti siano stati fissati e le sue applicazioni siano sempre più diffuse e convincenti.
Se la lettura è recettore universale dello spazio individuale culturale e simbolico, quel che mi affascina è la proposta di deporre l'ascolto 'estetico' di una storia per aprirsi alla possibilità terapeutica, che può agire solo nel profondo. Il 'c’era una volta' della narrazione tende infatti a dirci che l’autore ci racconta una storia che lui, scrivendola, ha vissuto, mentre noi che la leggiamo no, tuttavia attraverso il modo in cui ce la narra ci consegnerà le chiavi per ricostruircela a nostro piacimento, con noi stessi fra i protagonisti. È particolarmente seducente rintracciare le astrazioni che noi stessi produciamo indotte da quella determinata lettura [alla vista si lega la capacità eidetica, ossia il saper contestualizzare in una visione ciò che si sta leggendo, al di là del significato letterale delle parole; a questo si lega la capacità “aurale” di indurre forti suggestioni verso mondi immaginari e non (ancora) visibili]. Astrazioni potenti, capaci di trasformarsi in immagini fortemente simboliche. Queste immagini, queste mitologie personali, saranno il terreno fertile su cui l'apporto biblioterapeutico dovrà andare ad attecchire e la leva per far sì che questo processo si attui, e lo scrittore lo sa bene, è l'emozione.
Nel modello di Biblioterapia dell’Accademia si susseguono quattro fasi:
Identificazione: processo che attua l'avvio della 'narrativizzazione' della lettura, un adattamento progressivo ai personaggi e ai contesti e alle scene in cui questi si muovono (entra qui in gioco il concetto di ‘doppio traslato’ che avvierà 'relazioni' con i personaggi della storia, per viverla, trasformarla, sentirla a modo proprio).
Proiezione: il lettore impatta a livello cognitivo il senso e il significato che l'autore ha inteso assegnare, e produce un processo di attribuzione di proprie motivazioni ad altri, o anche il processo opposto: attribuisce determinate emozioni ad altri invece che a se stesso.
Abreazione o Catarsi (introdotta nella 'Poetica' da Aristotele): il momento del decisivo sblocco emotivo del lettore e della sua piena identificazione, ideale, cognitiva, simbolica, con quanto stia avvenendo nel testo e in parallelo in lui. Segue a questo un senso di liberazione e purificazione, rispetto agli ostacoli emotivi prima maturati e percepiti.
Illuminazione: racchiude in varie fasi il senso e il significato, anche terapeutico, della lettura. Concede al lettore una prospettiva nuova e una visione dalla quale potrà dotarsi degli strumenti atti a risolvere le sue problematiche. Si tratta di uno stato di grazia temporaneo, capace di conferire una visione e una forma di consapevolezza emotiva nuove.
La nostra prassi ordinaria di lavoro da biblioterapeuta si compone dunque di questi passi:
– primo incontro informale con il ricevente per raccogliere informazioni di base;
– profilazione orientativa del ricevente tramite la somministrazione di due questionari ad hoc;
– assegnazione di un testo sulla base dei risultati della profilazione, che il ricevente dovrà leggere e in merito al quale dovrà redigere un breve report assecondando le nostre indicazioni;
– revisione della lettura e del report con il ricevente con applicazione del modello Accademia;
– redazione di un report finale sul lavoro svolto;
– dopo 21 giorni, nuovo incontro con il ricevente per verificare il suo stato generale e per la prescrizione di un programma biblioterapeutico ad hoc;
– revisioni periodiche con il ricevente, secondo tempistiche ad hoc.
L’Accademia con tali linee-guida non pretende di attestare il metodo euristico per eccellenza della Biblioterapia, ma vuole piuttosto segnalare e trasmettere il “principio attivo” capace di ridurre le varie forme di difficoltà di approccio alla realtà o a situazioni di disagio. Durante la formazione, infatti, l’accento è sempre stato posto sull’identificare la lettura come vettore di terapia apportatrice di benessere per il lettore che acceda al libro in modo più marcato rispetto alle sue abitudini consolidate, proprio ai fini di individuarne un percorso terapeutico o di prevenzione.
L’approccio al tema ha pertanto taglio culturologico, molto attento alla dimensione simbolica della lettura e alle valenze immateriali che competono al libro.