Ne 'I giochi e gli uomini', saggio pubblicato in Francia nel 1958, il sociologo Roger Caillois distingue il gioco libero (paidia) dal gioco limitato da regole da rispettare (ludus in inglese game); il termine inglese play, connota l’atteggiamento ludico del bambino nella sua scoperta del mondo o dell’adulto che ne rinviene gli aspetti di libertà, piacere, movimento, sperimentazione. Caillois crea una ulteriore schematizzazione, ormai punto di riferimento per chi si occupa di questa tematica, in cui differenzia:
i giochi di competizione (agon) libere e regolamentate, sia sportive che mentali;
i giochi di simulacro (mimicry) in cui travestimento, imitazione o illusione dominano (‘giochi di ruolo’, teatro, dove si diventa ‘altro’, serious games in cui l’immedesimazione è totale: simulazioni virtuali interattive, per training aziendale, campagne di formazione e di sensibilizzazione sociale);
i giochi di vertigine (ilinx) in cui si provoca se stessi (vertigine fisica, sport estremi)
e, infine, i giochi di azzardo (alea) in cui il fattore primario è la fortuna.
In termini di Semiotica della Narratività e di struttura attanziale, che secondo Algirdas J. Greimas indica lo schema sintattico sotteso a ogni narrazione – possiamo definire attanti le 'funzioni narrative' –, in ogni tipo di gioco classificato da Caillois è rilevabile una tensione verso una sorta di compito che il giocatore, protagonista della storia, assume di svolgere. Tale compito spesso si pone come sfida, lotta o gara, o superamento di un limite, di una situazione ritenuta dannosa, o mancante, tale da produrre uno stato di insoddisfazione. Ecco che il compito come sfida si fa funzione attanziale del gioco, progetto di conquista di un oggetto di valore.
Tre sono i momenti della sfida:
la relazione tra almeno due giocatori in campo, in virtù della quale prende forma una soggettività duale, evidente nei giochi di competizione, dove la fine del gioco prevede vincite o perdite;
il superamento di una prova e la conquista di obiettivo, bisogno o desiderio di vincere una resistenza, posto che c’è sempre qualcuno che invita o induce alla sfida, e qualcuno che a tale impresa si oppone, oppure che la facilita e la rende possibile. Il gioco è pertanto una contesa intorno a un oggetto da conquistare (si gioca la partita, un asso, un ambo, una chance).
Il terzo momento è costituito dall’oggetto di mediazione, ossia l’artefatto attraverso cui giocare (carte, scacchi, pedine, dadi, palla, altalena, vita…)
A tutto ciò va ovviamente aggiunto il supporto di ogni gioco: lo spazio. Per giocare occorre sempre un campo investito di senso, semiosico – che può essere un monitor, una pagina, un tavolo – attraverso il quale qualcosa accade.
Lottare (il gioco come competizione genera conflitto), scegliere (il gioco d’azzardo interroga la fortuna), fingere (far credere nel gioco di simulazione), provare/sperimentare (la vertigine genera il senso della scoperta) diventano allora i verbi che configurano la sfida nelle quattro categorie di Caillois. Chi scrive dovrà valutare se e come modificare, adattandolo alle azioni ludiche dei suoi personaggi, il valore di tali predicati facendoli precedere dai verbi modali: dovere, potere, sapere, volere.
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