David Mamet, drammaturgo, sceneggiatore e regista, sottolinea che 'Viviamo in un mondo straordinariamente degenerato, interessante e incivile, in cui le cose non quadrano mai. Lo scopo del dramma autentico è di aiutarci a ricordarlo'. In questa nostra società globalizzata, sovraffollata di ‘narconauti’, in cui nulla è stabile né prevedibile, ma tutto è incerto (nell’accezione di Bauman, quando parla di ‘modernità liquida e rarefatta’ e 'unsicherheit', insicurezza) e il tema del rischio (come propone Beck) aleggia cupo, accrescendo la paura, la Scrittura si conferma più che mai arma potente, forma di comunicazione e di svelamento di se stessi a se stessi. Essa trova una delle sue più feconde aperture nel Teatro contemporaneo, luogo ideale per la sperimentazione, la ricerca e la contaminazione tra le arti. Il Teatro, infatti, esattamente come la Vita, che è un perpetuo cercare, si costituisce di intersezioni: passato, presente e possibilità del futuro.
il Teatro è anche una delle arti più simili al sogno. Credo, infatti, di poter individuare nel vivere l’Effimero il collegamento tra il Teatro, che esiste come realtà tangibile soltanto nel momento della rappresentazione, e il Sogno: entrambi si pongono come un Altrove di azioni e di simboli tra l’interno e l’esterno del mondo, uno spazio mentale transizionale in senso psicanalitico, in cui il Sé può esprimersi in quanto identità personale e capacità di relazionarsi con. Sogno e Arte in generale hanno a che fare con inconscio e desideri rimossi, che esprimono in forme mascherate. Il sognatore e l’attore parlano lo stesso linguaggio simbolico, tutto da svelare, e rappresentano la loro realtà all’interno di una specifica cornice spazio-temporale. Il Teatro riesce a dar voce ai personaggi interiori in modo molto affine a quello del Sogno. Per esempio nell’antico teatro greco, mi pare evidente che per ritrovare un senso del presente il mito si faccia via privilegiata per rintracciare e far emergere dall’inconscio ciò che è stato rimosso. Mi pare fosse Anassagora a dire che «le cose che si vedono sono l’aspetto visibile di quelle che non si vedono» il che mi fa pensare al Sogno. È pur vero che Jung ci avverte che l’assunto che il sogno voglia occultare qualcosa è semplicemente un’idea antropomorfica, ma qui si entra in un’altra storia…
Comunque mi piace pensare che nei sogni come a teatro, siamo nella condizione di assistere a un racconto che non conosciamo ancora, la cui meta è la nostra trasformazione: stabiliamo un contatto con immagini, suoni, dialoghi con cui entriamo in relazione dinamica. La nostra attenzione di ‘osservatori in divenire’ procede dal ‘–noto’ al ‘+noto’: come ben nota Roberto Brancati, il teatro imita, mentre il sogno agisce quello che è il carattere perpetuo e inarrestabile della vita.
Il mio atteggiamento riflessivo è sostenuto dall’idea che i pensieri che penso mi possiedono, e in virtù di questo mi sono sempre sforzata di tentare di sottrarmi alle versioni già dette del mondo, ai territori rassicuranti dei paradigmi predefiniti, azzardando la ricerca di altre partiture della mia essenza pensosa. Ritenendo, infatti, che ognuno di noi non acceda direttamente alla realtà, ma piuttosto alla narrazione della sua rappresentazione – o meglio, alla propria interpretazione di quella narrazione –, sono convinta che il Teatro goda del privilegio di sapersi (pre)occupare con competenza, per sua immemore tradizione*, delle relazioni tra gli uomini, soprattutto quando impari e complicate. Credo sia questa sua peculiarità a indurmi a scrivere monologhi e testi teatrali.
Anche se la diatriba sullo scrivere monologhi è sempre accesa – so che molti attori non li ritengono ‘teatrali’ essendo il teatro ‘relazione’ – queste brevi composizioni sceniche, in prosa o in versi, scritte per esser recitate da un solo attore consentono a un autore di rivelare il proprio pensiero su una certa tematica. Ecco perché mi consento di scriverli. Certo, si tratta di una sfida, perché sono consapevole che mantenere l’attenzione di uno spettatore concentrata su un solo volto, su una sola voce, è una sorta di scommessa. La difficoltà sta’ nel non fare un esercizio autocompiaciuto – troppo autore, poco personaggio –, né tantomeno di dar corso a un comizio o a un’orazione: l’attore deve comunque agire nell’hic et nunc della rappresentazione per far presa su chi ha la voglia di ascoltarlo.
Tra i miei punti di riferimento nella scrittura teatrale ritengo fondamentali i Miti, che non rispondono a domande, ma le rendono indomandabili: con essi ri-scopriamo costantemente il fascino del meraviglioso. Grande la mia ammirazione anche nei confronti di Ghiannis Ritsos, poeta e drammaturgo che ha riscritto poeticamente il mito, creando un esemplare collegamento all’antica drammaturgia ellenica classica, riscoprendone l’incredibile attualità. Imprescindibile, poi, la mia devozione nei confronti dei Classici antichi e più attuali, che non vengono dal passato, ma dal futuro, come afferma Mario Sciaccaluga, essendo dei profeti da cui attingere e imparare, dato che hanno avuto la capacità di osservare il loro presente attraverso la loro conoscenza del passato per proiettarsi a immaginare il futuro. Tra i moltissimi autori, cito, anche per esempio Yasmina Reza, per la sua disarmante abilità ritmica nella scrittura teatrale di costruire il crescendo con delle domande, per rendere incalzante il dialogo o la variazione di una frase.
Nell’evidenza che non si possa fare alcuna drammaturgia senza una profonda consapevolezza delle peculiarità del linguaggio teatrale (nella duplice articolazione del discorso testuale e della testura scenica) e senza un’adeguata esperienza da spettatori, resta indiscutibile che scrivere per il Teatro 4.0** abbia un solido portato e ancora senso: partendo da una necessità (si scrive perché si ha qualcosa da dire), fa convergere luce nuova su storie, miti, riti e personaggi di cui si pensava di conoscere tutto. Scrivere attraversando la poetica del Teatro è guardare il mondo con un’ottica dinamica; il testo drammatico non esaurisce tutto il suo significato sulla pagina: è in scena che deve prendere vita, nell’integrazione fluida con il lavoro creativo di registi, scenografi, musicisti, danzatori e attori, lungo il cosiddetto ‘asse del teatro’, linea di contatto che si stabilisce tra chi agisce e il pubblico.
Scrivere per il Teatro è dar voce, attraverso immagini e azioni, a un’urgenza – hic et nunc –, grazie alle parole che cadono dalle situazioni, nella logica del vedere-pensare-parlare. Avere uno sguardo poetico e poietico sul mondo è anche andare ‘oltre’ il limite intrinseco dell’Uomo (la Morte), per rimettere la Vita e la Speranza al centro.
* Il Teatro non imita propriamente la vita, ma deve far sembrare verosimile quanto accade sulla scena, parlando al cuore, suscitando emozioni. Diversamente da Platone, che aveva condannato l’arte in quanto imitazione del mondo in divenire, dunque copia di una copia delle idee, Aristotele la riteneva (cfr. Poetica) imitazione della realtà (mimesis): non di ciò che è, ma di ciò che può essere. L’arte per lui aveva una ben precisa funzione morale, oltre che conoscitiva. La tragedia, che è la forma più elevata di poesia, sollecitando passioni di pietà e terrore nello spettatore, le fa affiorare nella sua coscienza, le tende al massimo e così le sublima e le purifica, determinando la catarsi, cioè la loro trasformazione in emozioni pure e in puro piacere, che è quello estetico. Non si tratta dunque di catarsi dalle passioni, ma catarsi delle passioni.
** Al di là della scrittura puramente testuale, oramai si parla anche di ‘drammaturgia dello spazio’, ‘drammaturgia della luce’, ‘drammaturgia degli eventi’, alludendo a una composizione di elementi funzionali e/o strutturali che, nel loro intrecciarsi, diventano narrativi, potendosi talvolta addirittura sostituire sulla scena (o integrare) a parole e azioni.
Iscritta al Centro Nazionale di Drammaturgia Italiana Contemporanea (CENDIC), Roma; alla Societá Italiana Autori Drammatici (SIAD), Roma; SIAE, sezione DOR (Opere Drammatiche e Radiotelevisive); membro della comunità degli autori di www.dramma.it
[2019_2022]: vice-presidente dell’Associazione Culturale pro(getto)scena Edition ETS, Milano
e membro del comitato scientifico della Collana di teatro e spettacolo: Cromosoma T(eatro).
e membro del comitato scientifico della Collana di teatro e spettacolo: Cromosoma T(eatro).
[2021]: Presidente di Giuria del Premio nazionale di scrittura teatrale Marco Praga, Macabor editore
sinossi dei miei lavori teatrali
Trilogia del Desiderio
Augusteide [2021]_Un ‘clown Augusto’ (anche nel nome) contrapposto al suo desiderio di essere un ‘clown Bianco’. Non solo. Un figlio devoto e rispettoso (lui sente il bisogno del padre), rinchiuso metaforicamente per eccesso di amore in una ‘torre’, anche in assenza di una profezia che determina questa clausura, come invece accade nel meraviglioso testo di Calderón de la Barca.
Augusto è un ‘cercatore’: cerca costantemente il padre, pur consapevole del rischio che corre per il suo stesso equilibrio di vita; ambisce a ottenere, non come diritto, ma come ‘dono’, la realizzazione del suo desiderio interiore. Gilberto – il padre che nella piéce è un’Ombra ancora in transito sulla terra –, prenderà pian piano coscienza che il successo a lungo termine della sua relazione con il figlio sarebbe potuto forse derivare assai più dalla sua capacità di evitare il negativo, che non da quella di rincorrere il positivo (dal suo punto di vista).
Supportano i dialoghi Micaela, allenatrice di ping pong di Augusto, e Fannì, la sua allieva clown.
Augusteide, in cui molta parte hanno Sogno e Desiderio è un percorso della ricerca di identità di Figlio e di Padre. La domanda che i personaggi si ‘palleggiano’ è sui ‘possibili’ che ognuno di loro si può concedere. A partire dal Mito, che sempre accompagna la mia scrittura.
L’anello [2019]_Lo spunto della pièce deriva da una leggenda citata da Calvino, nelle sue Lezioni Americane: un anello magico provoca innamoramenti irragionevoli quanto smodati nell’anziano Carlo Magno, che riversa il suo amore su una giovane, poi sul suo arcivescovo e infine su un lago. Tra ossessioni necrofile, propensioni omosessuali vincerà la contemplazione melanconica, perché l’amore non corrisposto può svuotare di significato la vita anche del più illuminato dei sovrani.
Il salto temporale di milleduecento anni del secondo atto, catapulta la storia nel tempo attuale: gli accadimenti restano i medesimi, se pur declinati diversamente (rovesciati, come i ruoli affidati agli attori), perché oggi come nel Medioevo chi è amato porta con sé qualcosa, che non è se stesso. Amare, infatti, comporta una rinuncia alle regole della logica e che si tratti di Carlo Magno, imperatore, o del suo specchio Carla Del Grande, startupper di successo, induce sempre e comunque a sfiorare l’idea di impossibile, con l’illusione di renderlo realtà.
Il testo teatrale, in realtà, ruota attorno a un personaggio invisibile eppure sempre in scena: il Desiderio, oggettivato nell’Anello (alias l’agalma, su cui già discettava Platone nel Simposio), legame narrativo nonché titolo della pièce. Sono i suoi movimenti a determinare quelli dei personaggi; è la sua esperienza trasversale – che costeggia il rischio di non ritrovarsi più –, che li abita essendo oltre loro, attraversandoli, possedendoli o non governandoli.
Se il desiderio esiste quando lacanianamente riconosciuto dal desiderio dell’altro e l’Amore è l’attivazione di un elemento magico (non in senso poetico, ma letterale), che senso potrebbero ancora mai avere i prefissi omo- ed etero-?
Il falco pellegrino - Un storia d’amore [2019]_trasposizione teatrale del romanzo breve ‘The Pilgrim Hawk – A Love Story’, di Glenway Wescott, 1940_Nella villa di Guendalina, affacciata sulla strada panoramica che collega Santa Margherita Ligure a Portofino, nell’arco di un pomeriggio, va in scena la graffiante storia d’amore (il punto di domanda rovesciato nel titolo, percontation point/point d’ironie, non è casuale) degli Ortega (Montserrat, orgogliosamente catalana, in contrapposizione al marito Rodrigo, discendente di una decaduta famiglia aristocratica spagnola. Questa scelta è funzionale al conflitto tra loro, più contemporaneo rispetto a quello ‘irlandese’ del romanzo di Wescott). La coppia, in transito per una località di vacanza, passa a trovare l’amica Guendalina, che al momento ospita anche Jacopo, scrittore in crisi.
La conversazione, incentrata su Llùcia (traduzione catalana dell’originale Lucy, chiamata così in onore dell’eroina di Walter Scott e Donizetti) – il falcone pellegrino del titolo di proprietà della signora Ortega, vero protagonista della vicenda –, ruota attorno a un’alternanza di pensieri legati al significato dell’amore, del matrimonio, quasi a sancire l’irrealizzabilità del Desiderio.
Guerre e dintorni_Il Teatro non è il paese della realtà, ma quello del vero: così i cuori umani in scena, che battono insieme a quelli in sala, è come se fossero collocati in un non-luogo, non-tempo, perché se nei miei testi esplicito uno specifico conflitto, di fatto non si deve mai dimenticare che si assiste a una recrudescenza delle guerre (aperte o dispute territoriali che siano) e delle violenze che imperversano nel mondo, spesso dimenticate o messe tra parentesi, dal Myanmar all’Afghanistan, dallo Yemen alla Somalia, dalla Siria al Mali, dalla Libia al Burkina Faso, dai Balcani allo Sri Lanka, da Israele alla Palestina, per citare solo alcuni scenari tra i più devastati. 'Tu puoi anche non mostrare alcun interesse per la guerra, ma prima o poi la guerra si interesserà sicuramente a te', scriveva Trotsky.
Come potrebbe il Teatro – in particolare quello definito ‘civile’ – restare indifferente alle liturgie degli attentati, alle litanie dei bombardamenti più o meno chirurgici, delle guerriglie urbane o delle operazioni smaccatamente segrete? Il mio professore Alessandro Dal Lago parlava di ‘mitridatizzazione’ della violenza organizzata, quale risposta alla overinformation (quantitativa e qualitativa) cui siamo sottoposti dai media, fabbrica di uno sciame turbolento, ridondante quando non contraddittorio di news in cui il nostro bisogno di comprendere rischia di annegare, contaminato dai contenuti indistinguibili di verità e falsità.
Sono sempre stata attratta da come viene vissuto il Sacro nelle diverse religioni, motivo per cui ho studiato le dinamiche che riguardano anche il mondo islamico, indagando la psicologia e la potenza fuori controllo dell’impulso – più fanatico che religioso – che anima i terroristi (intesi come coloro che fanno uso illegale, violento e ripetuto del terrore contro la popolazione civile), cercando, nel mio piccolo, con umiltà, di osservarle da una prospettiva narrativa. Ritengo che la Guerra trasformi gli uomini, alterandone i comportamenti e sentimenti, popolando il loro immaginario di scenari e situazioni altrimenti irrealizzabili. 'Tutte le scienze hanno dei principi e delle regole; la guerra non ne ha alcuno', scriveva Maurizio di Sassonia, nel 1757.
Tutti così, più meno in modo consapevole, siamo contemporaneamente vittime non solo di insicurezze esistenziali (insecurity) per la nostra propria persona (unsafety) e di incertezze (uncertainty), ma anche dello stato di precarietà generalizzato, ampiamente sfruttato per la diffusione di nuove tecnologie di controllo, con una sempre maggiore tendenza a ridurre la libertà di circolazione e di movimento, soprattutto degli stranieri, alimentando un’ostilità crescente nei confronti delle categorie di persone suscettibili di ‘essere’ o ‘diventare’ nostri nemici. E così la dimensione della guerra tende ad assorbire la nostra esistenza anche quando pensiamo di non esserne direttamente coinvolti. E di questo mi capita spesso di voler scrivere.
Oro rosa [2022]_corto teatrale_Come in un contrappunto musicale, si alternano due voci: quella di Dana (MtF) – dal caschetto color oro rosa –, fuggita dall’Ucraina in guerra insieme alla fidanzata Ljuba, e quella di Sonia, sua cugina, arruolata nelle Guardie Territoriali per difendere la patria. Le due ragazze si parlano attraverso una video-chiamata in cui ricordi, paure e risate si alternano, testimoniando, sullo sfondo della devastazione del cruento conflitto armato, la durissima condizione di centinaia di transgender in fuga, respinte al confine ucraino per la dicitura del genere maschile ancora sul passaporto, riferita al momento della nascita e non al loro attuale sentire, anche quando la transizione è già stata effettuata. Secondo le associazioni che forniscono assistenza e supporto alle persone LGBTQI che vivono in situazioni difficili o che sono oggetto di discriminazioni, solo il 10% di donne trans riuscirebbe a uscire dal Paese, in cui la legge marziale esige che tutti gli uomini di età compresa tra i 18 e i 60 anni siano obbligati al servizio militare.
L'impasto perfetto_[2019]_Una storia d'amore sullo sfondo dei conflitti che dilaniano lo Sri Lanka, in cui il pane, che è insieme cibo & segno, cultura & socialità, sfama lo spirito dei protagonisti, veicolando sicurezza, riscatto e anche felicità.
Una lunga nuotata_[2018]_Nel 1986, l’Ente israeliano per la Memoria della Shoah insignì Chiune Sugihara, un anno prima che morisse, del riconoscimento di ‘Giusto tra le nazioni’, unico giapponese ad avere il suo nome inciso nel Giardino dei Giusti del museo Yad Vashem di Gerusalemme, per aver rilasciato (nel 1940, disobbedendo agli ordini di Tōkyō) visti di transito per migliaia di Ebrei Lituani in fuga dalla Polonia e da altri paesi dell’Europa orientale durante l’occupazione nazista.
Su questo sfondo, si sviluppa la pièce teatrale, in cui, a partire dalla figura di Lucio, mai presente in scena, si intrecciano le storie di Dalya, Lucilla e Metella, inconsapevolmente legate da un destino comune, che inciderà per sempre sui loro reciproci rapporti.
Dalla lunga nuotata – quale è stata la vita della protagonista – si evince che ogni esistenza influisce sull’altra, e che, al di là di allusioni, illusioni e delusioni, esiste una quinta stagione: quella che appartiene alla scelta di viverla, come ognuno di noi la crea.
Trittico di guerra_[2018]_testo teatrale o tre monologhi separati_Gli scenari di guerra, rappresentano un conflitto e, come è noto, il conflitto è la base di ogni storia. In tre isole drammaturgiche (che possono costituire anche monologhi separati), si scandagliano rapporti famigliari compromessi dalla presenza costante della guerra, vero e proprio personaggio a sé stante.
Sullo sfondo di una conferenza stampa dedicata al Dolore (questa ‘cornice’ narrativa può costituire anche un atto unico a se stante, intitolato: Il vero PIL del mondo), cui partecipano tre divinità greche (Eris, Algos, suo figlio e Pento), si innestano tre storie di madri e di figli, che scelgono di rischiare la loro stessa vita pur di realizzare i propri sogni o le propie utopie.
Giano dai due volti. In una notte di solitudine, Domitilla ripercorre il suo rapporto con l’adorato figlio adottivo Leone. Come una Nora senza casa di bambole, attraversa il labirinto dei ricordi e lascia pian piano affiorare l’angoscioso segreto che devasta il suo cuore, che continuerà a battere solo grazie all’incrollabile fede in Dio, misterioso scultore di Speranza.
Il kalashnikov e la colomba. C’è quasi un grado di irrealtà in quello che è accaduto a Roza, arruolatasi giovanissima tra le file della milizia femminile curda, per combattere lo Stato Islamico. Destinataria del racconto-memoria è la madre che vive nel Kurdistan, prima interprete e traduttrice del mondo di Roza, che sente l’insopprimibile l’esigenza di farle comprendere che senza l’algebra indecifrabile del dolore non può esserci luce e che la morte spegne la vita, ma non l’amore. Il monologo è liberamente ispirato ad Asia Ramazan Antar, che ha perso la vita a soli vent’anni (settembre 2016), nel corso di una feroce battaglia contro l’Isis.
La Sirena di Damasco. È la storia (vera) della giovane siriana Yusra Mardini, fuggita dalla guerra salvando insieme alla sorella Sarah, nell’agosto 2015, gli altri 19 migranti che si trovavano con lei su un gommone, in avaria, diretto all’isola di Lesbos, nel Mar Egeo. Il Comitato olimpico di Rio 2016 scelse Yusra per le sue doti di nuotatrice, quale membro del Refugee Olympic Team, costituito come tributo al coraggio e alla perseveranza di tutti i profughi nel superare le avversità.
Quadrilogia delle Ombre
Egitto 4.0_[2023]_Il testo teatrale prende avvio dall’idea che il Ba di Hatshepsut (Grande Sposa Reale di Tuthmosis II, poi lei stessa faraone), ossia la sua anima (ma anche la sua reputazione) – una delle cinque componenti spirituali che nell’Antico Egitto si riteneva costituissero il Sé –, viaggi nell’Egitto contemporaneo per volere della sua Signora, che desidera avere notizie degli eredi del suo popolo e della sua amata terra, a distanza di tremilacinquecento anni dal suo regno (1490-1468 a.C.). Il Ba incontrerà tredici personaggi e riporterà ad Hatshepsut le loro parole e riflessioni, dalle quali si evince l’ineludibile sfida che sta affrontando l’Egitto attuale, che, attingendo all’inestimabile patrimonio millenario di esperienze e competenze riferibili al suo capitale umano e culturale, si sta progressivamente quanto faticosamente avviando verso uno sviluppo orizzontale, inclusivo, interconnesso (a questo allude il 4.0 del titolo).
La genesi del testo teatrale Egitto 4.0 risente della lettura, durante la navigazione sul Nilo, de Il sogno del drammaturgo svedese August Strindberg, che, presentandolo, scrive: «Tutto può avvenire, tutto è possibile e probabile. Tempo e spazio non esistono; su una base minima di realtà, l’immaginazione disegna motivi nuovi: un misto di ricordi, esperienze, invenzioni, assurdità e improvvisazioni. […] I personaggi svaniscono, prendono consistenza, si sciolgono e si ricompongono». Queste considerazioni del Maestro, unitamente a quanto è emerso dai racconti di amici e persone che ho incontrato e conosciuto nel mio viaggio in Egitto a cavallo tra il 2022 e il 2023 (certamente uno dei miei ‘luoghi del cuore’), mi hanno accompagnata e stimolata a scrivere il testo.
Cardiomanzie_[2020]_Come in un contrappunto musicale, in questo intertesto teatrale si alternano le voci di Medea e di sua madre Idia, che in scena si sdoppiano nei loro Alter facendosi attuali (Amedea e Lidia), per raccontare una possibile storia attuale del mito.
Dalle innumerevoli versioni di Medea (la letteratura da sempre si nutre di letteratura) scaturiscono spunti, opinioni e itinerari, perché affrontare Medea è addentrarsi nell’insondabile e misteriosa natura dell’archetipo del Femminile e nel simbolismo mitologico in ambito psicanalitico.
Le mani di Nesso_[2017]_La giovane drammaturga Iole coinvolge il suo amico attore Andrea nella preparazione di un lavoro teatrale incentrato sugli stupri (anche etnici) che le donne hanno da sempre subito nel tempo e a tutte le latitudini; Iole è interessata in prima persona all’argomento, essendo stata violata lei stessa, come pure sua nonna Arianna.
La loro partecipazione al programma televisivo L’isola dei famosi - Mito, finalizzata a guadagnare il denaro necessario per mettere in scena detto lavoro, vedrà coinvolti anche i Centauri – simbolo della regressione della mascolinità alla frenesia del branco animale e dello smarrimento di identità – e porterà a un epilogo tragico sia Iole che Andrea, nonostante il supporto psicologico del loro terapeuta, il Dottor Chirone.
Queste vicende si intrecciano all’interno di un tremendo cono d’ombra, sotto lo sguardo della dea della caccia Artĕmis (che nel nostro tempo gestisce un fitness club e allena gli atleti olimpici di tiro con l’arco), che, coadiuvata dal Coro (guidato dalla Corifea) nel doppio ruolo delle sue ninfe e delle ‘stuprate’, riflette sulla drammatica attualità postmoderna dell’Uomo predatore e di quanto l’identità maschile sia assai più scissa e sbilanciata rispetto a quella femminile.
Questa tragedia – volutamente strutturata in parodo, episodi, stasimi ed esodo, rifacendosi a quelle della Grecia classica –, è dedicata alle donne che hanno conosciuto l’orrore dello stupro, in tutte le sue perverse declinazioni, testimonianza di un’incapacità di relazione risolta con la violenza incontrollabile. In questo testo, dunque, le narrazioni di sè dei protagonisti affondano le loro radici nei loro alter ego (ma anche super-Ego) mitologici.
L’ultima notte_[2016]_Un’inviata speciale del TG dell’emittente Trinacria Channel, racconta in diretta video il mito di Ade che rapisce Kore – figlia di Demetra – che l’amore trasformerà in Persefone, Signora dell’Oltretomba, e il dramma del separarsi di una madre da sua figlia.
Là dove la Tessaglia confina con la Macedonia e nell’Attica occidentale, ma anche nell’eterno e sospeso Altrove abitato dagli dèi, rivive una storia immortale che dall’antichità ai nostri giorni non smette di affascinare, restituendo ad Ade il suo tratto di innamorato, dato che Eros scaglia le sue frecce non solo sugli uomini, ma anche sugli dèi.
Il Tempo della Sospensione [2020-2021]
Coprifuoco_Altea, giovane medico alla sua prima esperienza in ospedale, si confronta con le vibrazioni del suo Io, maturate nella sospensione provocata dal ‘virus con la corona’ nel tempo del Coprifuoco, che intitola la pièce.
Due figure alquanto speciali la supportano nel suo percorso di resilienza trasformativa: la Signora, la padrona di casa, donna saggia, dolce e portata all’ascolto, e Dennis, brillante ‘supereroe in corsia’ che con la sua esuberanza e gioia di vivere riuscirà a coinvolgere la giovane nella sua attività di volontariato.
Solo alla fine si scoprirà che gli antichi dèi (qui, nello specifico, Estia e Dioniso) ancora una volta hanno sentito l’esigenza di scendere dentro a questo tempo non ordinario, mossi da uno spirito di sostegno nei confronti dei vulnerabili mortali, sottoposti alla sfida epica della pandemia.
Wannabes Muses_Wannabe è il vocabolo inglese originato dalla contrazione di want to be (voler essere). Le tre stravaganti protagoniste sono candidate Muse 4.0 wannabe, ossia un would-be che si scontra con i propri non riconosciuti limiti e il giudizio degli Dèi, riuniti in un summit nell’Olympia Tower, in Tessaglia. Ermes, nella sua qualità sempiterna di messaggero, assolve la sua classica funzione di tramite tra i due mondi.
Lo sfondo della vita sospesa ai tempi del Covid19 provoca una riflessione ironica e amara della futilità della drammaturgia quotidiana di molti – troppi – che galleggiano inconsapevoli all’interno di una grande narcosi carica di rinuncia e di progetti mai irrigati.
La parabola di questo divertissement si conclude con l’utopica nascita dell’Homo Novus che riscopre la Bellezza e le Muse. Quelle vere.
Venti_Il Covid ha costretto l’umanità davanti allo specchio, costringendola a riflettere sul fatto che non esiste differenza di fronte al dolore, meppure non tutto il 2020 è stato negativo: il monologo sottolinea che ci sono anche stati eventi che aprono alla Speranza.
Dragon Lady (monologo) anche nella versione Dragon Lady_dialogo tra Io e Me_Flussi e reflussi di dilemmi e paure, nel dialogo introspettivo di un medico che vive con dedizione e energia il servizio in ospedale tra i malati di Corona Virus. L’Io e il Me di questa donna provata dalla fatica si ascoltano, riflettono, interpretano, immaginano e si raccontano, in un momento speciale della Vita che chiama la protagonista e la sfida.
Dragon Lady – ‘nome di battaglia’ affettuoso che i colleghi hanno dato alla protagonista del testo perché ‘plana sulle corsie’ – si rifà al Lockheed U-2, aereo monoposto statunitense da ricognizione ad alta quota, equipaggiato con macchine video e fotocamere.
E mi sorride il cuore_Ricordare troppo i morti non fa bene ai vivi. Dall’osservazione di come ci si muove sul palcoscenico in cui va in scena la drammaturgia instabilmente ‘complicata’ dall’invisibile presenza di un’entità biologica inconsapevole quanto letale, alla consapevolezza che la vita è anche fatta di tregue e isole di quiete i n cui poter serenamente sostare, magari anche grazie al ricordo balsamico di un viaggio.
Fioriture_Monologo sul silenzio e il vuoto sconcertanti nell’equinozio di primavera, il primo in lockdown.
Sala d’attesa_Durante l’esperienza della quarantena, la ricerca di una più profonda consapevolezza del mondo esteriore che abitiamo e del mondo interiore che ci abita: è questo il sottotesto della conversazione formativa via chat tra un ragazzo e il suo Maestro, inteso come figura adulta a cui ‘ride il cuore’ vedendo che i risultati delle sue stimolazioni intellettuali, trasmesse con semplicità e armonia al suo allievo, vanno oltre gli auspici.
Noi i vivi_Monologo incentrato sulla considerazione che senza sperimentare momenti di irragionevole ottimismo, non sopravvivremmo all’ostile quotidiano.
Donne, donne, donne
Matrioskas [2024]_Atto unico costruito con pseudo-biografemi, frammenti biografici di mia invenzione, che pure attingono ai fatti di cronaca di cui i personaggi (la Matrena, le sue figlie e il seme della Matrioska) sono protagonisti. Il concetto di ‘biografema’ si deve a Roland Barthes: si tratta di immagini della memoria, tratti della vita (gesti, inflessioni, dettagli) a cui si attribuisce particolare significato. Ne ho fatto uso cercando di concentrare e fermare l’attenzione sui momenti drammatici
della vita di donne sfregiate, dall’antichità al nostro tempo, attraverso i quali ho voluto provocare una reazione emotiva e di riflessione: deturpare un volto, che è il luogo dell’incontro, significa violare la cartografia esatta di chi siamo, della nostra provenienza e di cosa pensiamo.
Così come Barthes reitera l’attacco sempre identico – «Che…», come se la meccanicità del metodo fosse in grado di proteggere da sentimentalismi, mantenendo sobrietà ed essenzialità –, anche i miei personaggi usano formule costanti negli incipit dei frammenti biografici.
La perdente [2023]_Il Nonno, che non smette mai di studiare e di espandere i suoi orizzonti; suo Figlio rimasto vedovo e in un mare di problemi legati al rapporto conflittuale con sua Figlia, adolescente bizzosa e cupa, che lui non sa proprio come avvicinare.
Corto teatrale è dedicato alle vittime delle scellerate challenge proposte dai social, testimoni del disagio generazionale di troppi giovanissimi, che, non avendo reale percezione né consapevolezza dei rischi, partecipano alle sfide con l’unico obiettivo di spingersi sempre più oltre ogni limite razionale, in modo da poter essere ‘visti’ e notati dal popolo degli spacciatori di like e di follower, quasi a ricercare una conferma di esistere.
Le cicatrici d’oro [2017 | 2022]_Un testo teatrale per mettere in luce la capacità di resistere, fronteggiare e riorganizzare positivamente la propria vita dopo aver subito un evento negativo: una pièce, dunque, incentrata sulla resilienza, vocabolo che trova il suo senso nel verbo latino salio, che in una delle sue accezioni originali indicava l’azione di ‘risalire sulla barca capovolta dalle onde del mare’.
È proprio questo il concetto che permea lo speciale laboratorio esperenziale della signora Sakamoto, che partendo dall’arte del restauro giapponese kintsugi (ricomporre oggetti in ceramica abbellendo le linee di rottura con materiali pregiati) si propone di riscoprire l’arte di valorizzare le crepe della vita, trasformandole in cicatrici d’oro.
Sotto il segno della frammentarietà e della sua ricomposizione, ecco, dunque, avvicendarsi i moduli teatrali monologici (Il rossetto rosso; Tra quadrature & siżìgie; Lucrezia-light; Una inescusabile Negligenza) e dialogici (Celeste e il suo segreto) in cui sette attrici, applicando il fertile rovesciamento di prospettiva che impreziosisce ciò che si avrebbe l’impulso di nascondere – proprio come vuole il kintsugi –, raccontano le loro storie uniche e irripetibili di donne antifragili, nell’accezione di Nassim Nicholas Taleb.
Il desiderio di Gertrude [2018]_Con un linguaggio mutuato da Laing e Lacan, la protagonista reclama il suo diritto di essere Donna prima che Madre, con un ‘urlo’ con cui si sottrae al dovere della giustificazione della sua essenza, nelle oblianti sequenze dell’emorragia del suo mondo.
Un ragionevole ottimismo [2017]_La ninfa Dione, sposa secondaria di Zeus, nonché madre di Afrodite (la Bellezza) secondoquanto ci tramanda Omero, riceve la visita di Themis, dea delle Leggi eterne e madre delle Ore, ossia: Eunomia (il Diritto), Dike (la Giustizia) e Eirene (la Pace).
Themis è decisamente preoccupata per la crisi che ha colpito le sue figlie e chiede così a Dione di coinvolgere la sua Afrodite in una battaglia comune, perché da sempre la Bellezza genera Giustizia (Kalos kai Agathos) e solo da questa alleanza potrà scaturire di nuovo l’energia necessaria per il rinnovamento dei valori.
Il Disinganno, allegoria dell’Uomo disilluso, assiste al dialogo delle due dee, commentandolo e narrando la sua deludente storia di avvocato in questo inizio di terzo millennio, in cui se la Giustizia non portasse una benda sugli occhi, proverebbe orrore per i suoi stessi errori.
Hijab e tutù [2017]_Il corto – un dialogo tra la protagonista e Tersicore, Musa della Danza – si ispira alla vera storia di Stéphanie Kurlow, la giovane ballerina di Sydney convertita all’Islam, che danza con l’hijab. Padre australiano e madre russa, Stéphanie è la terza di due fratelli: sul sito LaunchGood
(piattaforma di crowdfunding della comunità musulmana nel mondo), nel 2016, ha chiesto alla rete diecimila dollari per la sua istruzione, in vista di potersi dedicare all’insegnamento della Danza, sostenendo l’idea dell’Arte come punto di incontro tra persone culturalmente lontane.
Il frutto che pende dai rami di guava [2016]_Le cronache inesorabilmente registrano continui episodi di brutale sopraffazione, che reiterano il medesimo, drammatico rituale: aggressione e abuso che culminano nella morte e nello sfregio dell’impiccagione. In particolare il monologo prende lo spunto dalla notizia di una donna indiana di 44 anni trovata impiccata con una sari (il tradizionale abito indiano) a un albero di guava nello Stato dell’Uttar Pradesh, che si conferma senza ombra di dubbio come la «capitale indiana della violenza contro le donne». Il monologo è dedicato alla memoria di tutte le bambine e le donne vittime di questi orrendi crimini.
Ago sale, ago scende [2015]_Morgana, in una notte di luna piena d’estate, con uno sguardo dall’alto ripercorre le illusioni e i sogni con cui ha “cucito” la sua vita, fatta di carne e ricordi. Con lo svolgersi del suo monologo così riesce a placare le ansie, da cui si è lasciata attraversare, e ad acquietare lo spirito, approdando al senso dell’infinito e affinando quello della meraviglia.
Miscellanea
Istànbul. Ancora [2024]_Monologo dedicato alla cosmopolita metropoli turca, un atto d'amore da parte di una Viaggiatrice che ci torna per la terza volta nella sua vita, gravida della volontà di far perdurare e conservare nel suo animo le magnifiche visioni che si porta a casa.
Non succederà mai niente [2021]_Monologo della Soglia dell’Oltre liberamente ispirato alla morte di Laila al-Harim, causata da un tragico incidente sul lavoro | Modena, Packaging Valley | agosto 2021
Il ponte dei distacchi [2021]_Cortissimo teatrale tratto, dal mio atto unico ‘La costellazione della sedia’, scena VI. Un dialogo tra due ex coniugi, che tra ricordi impregnati di affetto e di ombre di tensione non riescono a ricucire la loro storia.
C’è dell’altro [2020]_Monologo di un docente universitario a fine carriera, che parla ai suoi studenti invitandoli ad andare oltre la superficialità del quotidiano, a stupirsi e a narrarsi.
Non esistono stagnazioni felici [2020]_In un bar, dopo un periodo di lontananza fisica, un Padre e una Figlia si incontrano e si raccontano: è il bisogno della Vita di dirsi. Lui è un cinquantenne disoccupato, come conseguenza dei pesanti episodi di bossing che hanno inciso pesantemente anche sulla sua vita privata; lei è un’entusiasta studentessa universitaria di Psicologia, attenta e affettuosa nei riguardi del genitore cui è profondamente legata.
Premio Una donna per il teatro*, in ricordo di Franca Valeri_Pro(getto)scena, unitamente al Premio Tragos, Milano, 2021
Motivazione:
“A Chiara Rossi il Premio “Una donna per il teatro” in ricordo di Franca Valeri per la sua produzione teatrale e letteraria di notevole spessore artistico che ha contribuito alla diffusione della cultura relativamente alle varie forme in cui il teatro si esprime.”
23 giugno 2022_Piccolo Teatro-Teatro Grassi di Milano_Chiostro Nina Vinchi
Premio alla carriera_IV edizione Concorso Internaz. per opere letterarie - Rive Gauche Festival (Firenze), 2019
Motivazione:
Per l’opera complessiva, la scrittura attenta e al tempo stesso moderna, ferma in una consapevolezza frutto di studio e preparazione e in una coraggiosa ricerca dell’innovazione sempre tesa a far risaltare la classicità delle scelte dalle quali il vero artista non può prescindere.
Vincitrici di numerosi concorsi letterari, le drammaturghe nonché sceneggiatrici Chiara Rossi e Silvestra Sbarbaro hanno al loro attivo la pubblicazione di più testi di altissimo livello e indiscutibili risultati: due voci, due penne in una totale unicità di espressione, che insieme si fanno formidabile macchina di rappresentazione, perfetti lavori costruiti con netta completezza e ineguagliabile eleganza.
Premio speciale Pro(getto) Scena_II edizione Premio Letterario Milano International, Milano, 2018
Il dialogo evidenzia, da una parte, il lato oscuro di una leadership incompetente che si ripercuote in modo drammatico sulla vita di un lavoratore, e dall’altra il percorso – mediato da una psicologa che si focalizza sulla narrazione come strumento per rielaborare i vissuti – dell’andare verso se stessi, che comporta il ‘rischio’ di incontrarsi. La paura può essere paralizzante, il non-agire può essere ritenuto rassicurante, ma è solo affrontando la conoscenza dell’Ombra che si permette all’inconscio di affiorare, non negandolo, così che, dall’esperienza dolorosa delle ferite al Sé e all’autostima si arrivi al bagno di luce di una formazione trasformante.
L’algoritmo [2018]_Il monologo riflette sugli accadimenti e sui comportamenti conseguenti al riverbero emotivo suscitato dal collasso del Ponte Morandi, il 14 agosto 2018, a Genova, riscontrabili in ogni tipo di calamità o sciagura.
Islero [2017]_Il toro Islero, che porta lo stesso nome di un suo consimile divenuto famoso per aver incornato in modo fatale il torero Manolete (nome peraltro scelto anche per un modello di Lamborghini), racconta in forma di monologo la sua storia con Ángel Luis, con cui ha condiviso il talento che unisce l’arte di toreare all’arte della danza flamenca.
Di blu e di balene [2017]_Flussi e reflussi di paure, confidenze e riflessioni attraversano Zoe, studentessa quindicenne, e Raphael, insolito senzatetto, dopo un incontro – che si capirà non essere casuale – in una stazione ferroviaria. Zoe, è sedotta da un non-gioco mortale perché della vita è delusa; Raphael, che è un medico dell’anima, invece, la vita la celebra e avvalendosi delle sue doti di affabulatore riesce con delicatezza a far tornare a battere il cuore di lei.
La morale è che occorre lo sguardo di un Altro per scoprire il meglio di sé, così come è necessario essere amati per imparare davvero ad amarsi: è ciò che Zoe apprende nel tempo dell’attesa tra un treno e l’altro, che la porterà a liberarsi dal peso della disperazione che la tormentava.
Sullo sfondo di questa pièce si staglia l’ombra del Blue Whale Challenge, il non-gioco on-line di morte che, con le sue 50 agghiaccianti prove di autolesionismo (per altrettanti giorni consecutivi) e i suoi implacabili kurator, ricatterebbe i giovanissimi quanto vulnerabili giocatori, che forse vorrebbero anche smettere, costringendoli invece al suicidio. Proprio alle vittime di questo plagio criminale, ancora in fase di studio e di definizione, è dedicato questo mio testo.
La costellazione della sedia [2017]_La sedia, nelle sue varie declinazioni, è la prima attrice, testimone di una serie di narrazioni in libertà, che spaziano dalla mitologia all’amore, dai fatti di cronaca ai mali del nostro tempo.
In ogni quadro, un personaggio (predominano quelli femminili) si siede e prende coscienza della concatenazione di “figure” che, come in una costellazione, appaiono in primo piano sullo “sfondo”, improvvisando monologhi o esplicitando le parti, scindendole per poi rimetterle in contatto, promuovendo il dialogo.
L’auspicio è che chi ascolta – seduto sulla sua sedia – si senta sollecitato a confrontare le sue percezioni con quelle dei protagonisti, nel gioco di smascheramento della proiezione di cui inconsciamente ognuno circonda se stesso.
Furio [2016]_Furio si ritrova abbandonato dalla sua compagna a causa delle sue intransigenze, che lui però giustifica in nome della Verità (la sua, ovviamente). Dalle sue parole evapora l’essenza del suo intrinseco, “civile” e negato fanatismo, che lo ha indotto a tentare di cambiare la donna amata per emanciparla, secondo la sua silenziosa quanto imperturbabile logica estremista.
Il monologo conferma l’opinione di Amos Oz, che ritiene che il seme del fanatismo si annidi in una rettitudine inflessibile, piaga di molti conflitti in tutte le epoche.
La quinta stagione, La crociera perfetta, Storie di ordinaria follia, Celebrità [2012-2016]: soggetto e vari testi per i saggi del laboratorio di scrittura teatrale di Santa Margherita Ligure: Povero Pedro, Sei fuori!, Del reame la più bella, etc.
Edward [2015]_ispirato a Edward Hopper
Alba; La stanza degli elogi [2013]
libretti per brevi opere liriche
Oro rosa [2022]_operina per contraltista, mezzosoprano e coro_ Il testo, che esiste anche in una versione simile ma non uguale per corto teatral[1], raccoglie lo spunto (liberamente rielaborato) della testimonianza rilasciata al «Corriere della Sera» (marzo 2022) da Dana (nome di fantasia, che ho mantenuto), la trans fuggita con la fidanzata dalla guerra in Ucraina, fino all’arrivo a Gotein, villaggio sui Pirenei atlantici francesi. Ora, dopo otto anni di divieti, Dana sogna di poter compiere la transizione. Il personaggio di Sonia è di mia invenzione, una scelta funzionale alla narrazione.
Non succederà mai niente [2022]_operina per soprano, coro e danzatrice _ Tratto dal mio corto di scena, Liberamente ispirato alla morte di Laila al-Harim, per un tragico incidente sul lavoro, Modena, Packaging Valley | agosto 2021
Charles [2019]_operina per baritono, tenore e mezzosoprano_Musica del M° Giuseppe Di Leo_Ispirato al romanzo di Wesley Stace (pseudonimo del musicista John Wesley Harding): Charles Jessold, Considered as a Murderer (2010). Si tratta di un thriller intellettuale barocco, che si contrappone a un momento turbolento nella storia della Musica, quando i suoni atonali si riverberarono per la prima volta nelle sale da concerto europee. La narrazione procede come una serie di scatole cinesi, con espliciti rimandi a un’antica ballata inglese (Little Musgrave and Lady Barnard) che a sua volta attinge alla figura storica del tenebroso principe di Venosa, nonché musicista raffinatissimo, don Carlo Gesualdo (1566-†1613): il personaggio di Charles Jessold, infatti, ne riflette i tratti psicologici, le tragiche vicende biografiche e persino i caratteri somatici (pizzetto, naso lungo, occhi penetranti). Stace genera una spirale di morti violente dalle suggestioni legate al potente Gesualdo, nobile nella Napoli spagnola, che innovò le strutture della composizione musicale aprendo strade che solo la musica moderna avrebbe poi battuto, ma che fu anche un assassino. 'Charles' ha costituito argomento della tesi del Corso di laurea in Composizione del M° Di Leo ed è stato eseguito in forma oratoriale presso l'Auditorium 'Daniele Paris' del Conservatorio di Frosinone.
selezione di testi teatrali scritti a più mani
con Cristina Boracchi e Patrizia Finetti
Sireneide - Un posto dove mettere i sogni [2017]_Tre giovani, ingestibili sirene, in esilio temporaneo sulla terra, per volere di Nettuno, incrociano le loro storie con quelle di una studiosa di creature e miti marini, di un buffo cinese che gestisce una lavanderia e di uno stravagante esponente del jet-set, che si innamora di una di loro. Sarà la loro fata-madrina – che per un incantesimo ha assunto le sembianze di sirena-inversa con gambe di donna e muso di pesce – a riportare l’ordine e a porre fine alla punizione del Signore degli Abissi.
Hotel Eden Resort - magnitudo 5.7 [2017]_Sullo sfondo di uno dei recenti terremoti che hanno violato l’Italia centrale, stravolgendo vite, case e cose, va in scena la serie sismica di scosse dell’anima delle tre protagoniste, portatrici sane di segreti mal custoditi. Clarence è il compassato concierge dello sconosciuto Hotel Eden, che le accoglie. Nel resort si sperimenta una speciale tecnologia di comunicazione, denominata ‘cabina del vento’, utile a far defluire, non senza ironia, le emozioni, perché, come dice Freud: Scherzando, si può dire di tutto, anche la verità.
Il rimando al kaze no denwa (風の電話 - telefono del vento) vuole essere un omaggio alla cabina realmente esistente in Giappone, per volere del giardiniere settantenne Itaru Sasaki, che la fece installare dietro casa sua, su una collina, affacciata sull’oceano, nei pressi di Otsuchi (Prefettura di Iwate), uno dei tanti villaggi della costa settentrionale spazzati via dal terremoto (di magnitudo 9) e dallo tsunami del 2011. Innumerevoli, da allora, sono i parenti e gli amici delle oltre ventimila vittime che affrontano il pellegrinaggio fino a questa cabina immersa nel verde, per un’impossibile telefonata ai loro cari che non ci sono più. In quel gesto di affidare le parole a un soffio di vento, che pare disperdersi nell’infinito e nel nulla, sta infatti un’incredibile potenza consolatoria, che aiuta a elaborare il lutto.
con Patrizia Finetti
Nell'acqua della mamma [2017]_Due gemelli ancora nel grembo materno dialogano tra loro. Lo spunto di questo corto teatrale proviene da un testo con cui lo scrittore ungherese Utmutato a Léleknek avrebbe tentato di spiegare l'esistenza di Dio, che forse si rifarebbe a Morfogenia (1980), di Pablo J. Luis Molinero.
con Silvestra Sbarbaro
L’ombra della luna [2017]_Sui ricordi di una strega-rabdomante (nata in una notte di eclissi), che ha la dote di scovare le storie del peccato d’esser nata donna, si innestano undici di queste narrazioni: monologhi o dialoghi che testimoniano il non-Amore che si riversa sulle donne di tutte le latitudini, fin dalla notte dei tempi. Le streghe non hanno smesso di esistere, perché ancora si appicca il fuoco ai roghi su cui bruciarle.
Il tuono sull'acqua [2016]_Quattro amiche condividono serenamente, come fossero una famiglia affiatata, quotidianità ed emozioni, fino a quando il profumo di un mazzo di rose e la musica per violoncello di Rachmaninoff scompiglieranno le loro vite, dando vita a una svolta inattesa. Una storia in cui il perdono sfida l’imperdonabile, il limite che non riusciamo a sopportare.
Il segreto del glicine [2016]_Variazioni ed equivoci, declinati tra il malinconico e il leggero, sul tema dell’amore: dal non detto di una coppia di lunga data (che, nonostante le insoddisfazioni sedimentate, ha ancora un futuro), all’innamoramento di un regista poco più che trentenne, che si sorprende essere ugualmente attratto dalla freschezza intellettuale del giovane figlio della coppia e dallo spirito libero della seduttiva amica storica di suo padre.
Venivamo tutti per mare [2015]_Testimoni di sogni ingannati e ingannatori, di sogni che comunque valgono la vita, alcuni uomini e donne raccontano le loro storie di migranti e di naufraghi, sul fondo del Mediterraneo, là dove il tempo è sospeso. Ai loro ricordi si intrecciano frammenti di miti, riportati alla memoria dalla voce dell’orgoglioso Kallistos, che condivide il loro stesso dramma. Parole erranti nell’acqua, insomma, che narrano smarrimenti, disperazioni e illusioni.
All’inferno con il golfino [2015]_Nulla è ciò che sembra. In un non-luogo che ricorda il terminal di un aeroporto, si incontrano due sessantenni, assai diverse tra loro ma inconsapevolmente unite da un filo comune: Rosy, piuttosto dimessa, intenta a lavorare a maglia, e Carmen, in splendida forma ed elegantissima. Interrotte saltuariamente dalla voce metallica che convoca alle uscite i passeggeri in transito, le due donne si scambiano i ricordi agrodolci dei propri amori, con la consapevolezza che il senso della vita si manifesta anche grazie alle persone con cui la si attraversa.
Turbati incanti [2015]_Le verità nascoste di una coppia trasgressiva, che, in una notte di incessante pioggia, mette in scena uno dei suoi riti. Come in una partita a scacchi, in cui ciò che gira torna indietro, il primordiale desiderio dell’infanzia sgorga dall’antica angoscia del mito di Edipo, risolvendo le vere identità dei protagonisti.
Noi per sempre [2015]_Noi per sempre è uno spaccato di vita quotidiana e narra la storia di due fratelli anziani, che coabitano, le cui dinamiche relazionali - conflittuali o di complicità - sono del tutto assimilabili a quelle di una coppia di sposi di vecchia data. La risoluzione di alcune contraddizioni del loro vissuto di eredi e testimoni di una storia condivisa rafforzerà il loro legame affettivo.
Gli annoiati - Quartetto per viola, violoncello e due violini [2014]_Un quartetto non solo è una composizione musicale scritta per quattro parti, ma anche il complesso formato dai suoi interpreti. In questa pièce teatrale, ispirata all’omonimo racconto di Manuel Vázquez Montalbán (Cuarteto, 1987), il quartetto consta di una élite di Annoiati che si trova coinvolta in un caso di omicidio. Ma il delitto funge solo da pretesto per studiare i riti dei protagonisti, che si credono amici e invece si ingannano vicendevolmente. Nulla dunque è come appare: nemmeno il quartetto.
Intellettuali anonimi [2014]_Commedia satirica. All'interno di un improbabile gruppo di auto-aiuto, si intersecano le deliranti storie di pazienti assai poco ortodossi. La terapeuta stimola il confronto tra due donne, che seguendo i suoi consigli sono ormai sulla via della guarigione, e due insubordinati che, mettendo in discussione il suo bizzarro operato, si fanno portatori sani di un messaggio di speranza, dentro al panorama di inesorabile appiattimento culturale della nostra società.
Gli innamoranti - Una favola del Sud [2014]_Un Cantastorie narra il viaggio d’amore di Tano e Sibilla, un viaggio in cui i due protagonisti, si inseguono e si perdono molte volte prima di ritrovarsi, a tratti accompagnati da Zia Teresa, la masciara (maga), che, con incantesimi e saggezza, aiuta i due giovani a tornare a casa. La favola si congeda con una sorprendente rivelazione del Cantastorie, che proietta un raggio che illumina l’intera storia. Los enamorandos è la versione tradotta in spagnolo della sceneggiatura, per un progetto di scambio culturale con i teatri di Santiago e Iquique in Cile.
Di lui, tutto mi stregava [2014]_Si narra l’amore, la gelosia, la complicità della pittrice di stoffe Mara (Calypso), dell’erborista e cartomante Veronica (Circe), del giovane nordico architetto Ingrid (Nausicaa) e di Irene (Penelope), raffinata traduttrice, appassionata di musica classica, moglie dell’architetto greco Costantino (Ulisse), affascinante affabulatore, che ha sedotto e amato tutte queste donne di grande temperamento. Lungi dal voler essere una riscrittura della ‘storia delle storie’, attribuita al leggendario Omero, gli eterni conflitti e le alchimie dell’Amore vanno di nuovo in scena, per parlare al cuore di chi li saprà ascoltare.
scrittura teatrale_riconoscimenti
Premio Una donna per il teatro*, in ricordo di Franca Valeri_Pro(getto)scena, unitamente al Premio Tragos, Milano, 2021
Motivazione:
“A Chiara Rossi il Premio “Una donna per il teatro” in ricordo di Franca Valeri per la sua produzione teatrale e letteraria di notevole spessore artistico che ha contribuito alla diffusione della cultura relativamente alle varie forme in cui il teatro si esprime.”
23 giugno 2022_Piccolo Teatro-Teatro Grassi di Milano_Chiostro Nina Vinchi
Premio alla carriera_IV edizione Concorso Internaz. per opere letterarie - Rive Gauche Festival (Firenze), 2019
Motivazione:
Per l’opera complessiva, la scrittura attenta e al tempo stesso moderna, ferma in una consapevolezza frutto di studio e preparazione e in una coraggiosa ricerca dell’innovazione sempre tesa a far risaltare la classicità delle scelte dalle quali il vero artista non può prescindere.
Vincitrici di numerosi concorsi letterari, le drammaturghe nonché sceneggiatrici Chiara Rossi e Silvestra Sbarbaro hanno al loro attivo la pubblicazione di più testi di altissimo livello e indiscutibili risultati: due voci, due penne in una totale unicità di espressione, che insieme si fanno formidabile macchina di rappresentazione, perfetti lavori costruiti con netta completezza e ineguagliabile eleganza.
Premio speciale Pro(getto) Scena_II edizione Premio Letterario Milano International, Milano, 2018
* Questo riconoscimento mi onora profondamente e mi carica anche di una grande responsabilità, vocabolo il cui etimo racchiude il suo significato di 'rispondere di qualcosa', rendere conto delle proprie azioni e farsi carico delle loro conseguenze. Franca Valeri è un esempio luminoso, una Maestra poliedrica da cui si può solo imparare.
tavola rotonda
[2017]: Teatro Donna, Bookcity Mi.lano, Teatro Franco Parenti, con Maria Rita Parsi, Maria Gabriella Giovannelli e Maria Gabriella Olivi
ADMR rock web-radio
dal 2024 a oggi_All'interno del programma musicale condotto da Mario Aliprandi, reading di frammenti dei miei testi poetici o teatrali.