La pagina bianca come possibilità. Da qui discende una certezza: le parole si toccano, si scelgono. Le parole si guardano, si ascoltano. La Scrittura creativa collega il pensiero, le emozioni e le sensazioni di chi scrive con quelli di chi legge attraverso un ponte empatico che ha come punto di partenza la fantasia, la capacità e l’ispirazione dello scrittore e come punto di arrivo l’immaginazione, l'interpretazione e la rielaborazione del lettore.
Nella Scrittura creativa gli opposti s’incontrano: da un verso per essere efficace dev’essere primordiale, elementare, dall’altro, immaginifica, oracolare, punta sullo stupore degli effetti speciali, scopre risorse di comunicazione e dunque di lessico ignote ai più, si fa ricercata, esoterica.
Il problema di fondo è il movente – la sua mission –: avvincere o convincere, stupire o sedurre, lasciare un’impronta nell’anima o cercare un target, suscitare una suggestione o un desiderio. La creatività è un piacere, a volte un’esuberanza, talvolta persino un business.
L’antitesi della Scrittura creativa non è la tradizione ma la ripetizione, l’automatismo, cioè il pensare, lo scrivere e l’agire meccanico che risponde a puri riflessi condizionati, da automa (anche se i surrealisti ritennero che la Scrittura creativa per eccellenza fosse la scrittura automatica, indotta da forze o stati di delirio). È comunque possibile anche immaginare un uso creativo e trasgressivo, della tradizione.
In preparazione una raccolta di racconti intitolata Eccedenze. Conterrà anche una sezione di 'lettere' immaginarie (La decima Musa; Tu sarai. Noi saremo; Perdonami, dolce Betsabea; Cara Glauce
Lettera a Abu Bakr al-Baghdadi)
A chi si è avvicinato alla teoria musicale è noto che gli intervalli (le distanze tra le altezze di due suoni) sono gli elementi base dell’Armonia; alcuni sono percepiti come consonanti (quando le due note si fondono tra loro), altri come dissonanti (quando invece le due note si scontrano, creando l’attesa di una risoluzione in consonanza). Si usa il termine eccedenza quando un intervallo giusto o maggiore è innalzato di un semitono cromatico, come nel caso della triade eccedente ‘do-mi-sol#’, oppure del famigerato intervallo di quarta eccedente (detto anche ‘tritono’, perché formato di tre toni interi), che nel Medioevo era stato addirittura soprannominato diabolus in musica, a causa di un che di sinistro racchiuso nella sua sonorità.
Le eccedenze mi hanno sempre affascinata, perché confermano una sorta di relatività della dissonanza: ossia, nessuno degli intervalli tra le singole note di una triade eccedente è di per sé dissonante, ma è piuttosto l’urto tra gli armonici dei tre suoni della triade a far percepire questo accordo come non risolto.
Questa premessa, che svela il titolo della silloge, vorrebbe suggerire una chiave di lettura dei miei personaggi, quasi sempre dissonanti, inesatti, eccedenti, appunto. Sono uomini e donne frantumati
in piccoli cocci infelici, che prendono coscienza della futilità del tempo, delle sincronie (nell’accezione junghiana del termine), o dell’amore che resiste o insiste nel rivendicare il suo legame con ciò che non si può o non si vuole consumare. In molti di loro aleggia la parte inquieta di me, che, scrivendo, ha imparato a guardare, per poi vedere, e quindi a pensare per poi approdare a inedite interpretazioni di pregresse esperienze, nell’orizzonte ciclico delle attese e dei ricordi.
Le eccedenze mi hanno sempre affascinata, perché confermano una sorta di relatività della dissonanza: ossia, nessuno degli intervalli tra le singole note di una triade eccedente è di per sé dissonante, ma è piuttosto l’urto tra gli armonici dei tre suoni della triade a far percepire questo accordo come non risolto.
Questa premessa, che svela il titolo della silloge, vorrebbe suggerire una chiave di lettura dei miei personaggi, quasi sempre dissonanti, inesatti, eccedenti, appunto. Sono uomini e donne frantumati
in piccoli cocci infelici, che prendono coscienza della futilità del tempo, delle sincronie (nell’accezione junghiana del termine), o dell’amore che resiste o insiste nel rivendicare il suo legame con ciò che non si può o non si vuole consumare. In molti di loro aleggia la parte inquieta di me, che, scrivendo, ha imparato a guardare, per poi vedere, e quindi a pensare per poi approdare a inedite interpretazioni di pregresse esperienze, nell’orizzonte ciclico delle attese e dei ricordi.
INTRODUZIONE dell’EDITORE_ARPANet:
DONNE DA SVELARE_Un testo di estrema attualità che, partendo dalle fonti letterarie della giahilìya – l'epoca storica antecedente alla proclamazione dell'Islam da parte di Maometto – si propone di ricostruire una visione del mondo islamico oggi troppo spesso viziata da preconcetti o da azioni estreme compiute in nome di un sistema di Leggi e comportamenti – quelli sanciti dal Corano – del tutto travisato da terroristi e integralisti.
'Donne da svelare' è un saggio che esamina le Sure del Corano per offrire una panoramica completa ed immediatamente comprensibile dei principali temi che contrappongono i musulmani ai fondamentalisti e, talvolta, il mondo occidentale a quello orientale. Il filo conduttore, come il titolo stesso introduce, è quello della condizione femminile musulmana, che ritroviamo al centro di critiche e dibattiti purtroppo non sempre fondati su un'effettiva conoscenza dell'Islam.
Chiara Rossi punta a colmare queste lacune, raccontando ogni aspetto della vita della donna islamica, dall'imposizione del velo islamico al divorzio, dall'hammam all'harem,
dall'emancipazione alla vita sessuale; il tutto condotto con estrema competenza e attingendo a un ampio apparato bibliografico (dettagliatamente indicato in calce a ogni capitolo). Per svelare la modernità del Corano scevro da successive reinterpretazioni e guidare il lettore in un universo ricco di poesia e buonsenso; un universo per certi aspetti profondamente maschilista, ma in fondo non tanto di più rispetto a quello della società occidentale.