Di mistica mi piace scrivere, perché da sempre subisco il fascino di quei “poeti” illuminati nello spirito, capaci di parlare producendo silenzio nel rumore delle parole (Michel de Certeau).
Ferdinando Castelli, illustre gesuita autore di un articolo dedicato appunto a questo argomento (1), scrive che il termine mistica ha varie accezioni:
- cristiana = “esperienza passiva di Dio prodotta da una mozione dello Spirito Santo, dunque soprannaturale e gratuita, che immette l’anima nel ‘mistero’ rivelato da Cristo”(2);
- non cristiana = “esperienza di Dio o di un Assoluto, generalmente raggiunto mediante tecniche e sforzi ascetici” (3);
- inerente al mistero = “intuizione che al di là del mondo visibile esiste un altro mondo, invisibile ma non meno reale, che è la nostra vera patria”. L’etimo di mistico riporta infatti al greco ‘appartenente ai misteri’: ecco il “segreto” toccato dall’alito dell’iniziazione religiosa, ecco l’idea che la mistica debba essere riservata a pochi che aspirano a Dio per strade solitarie... Da qui l’‘anacoresi’, ossia il ritirarsi in solitudine per condurre una vita di contemplazione.
Nel mistico dunque si manifesta con carattere dominante quella celeste scintilla che resta al di là della soglia della coscienza nella maggior parte degli uomini: questa capacità trascendentale allora gli condiziona tutte le forze vitali, l’amore e la volontà soprattutto, sollevandolo, attraverso la contemplazione e l’estasi, con un nuovo piano di coscienza in cui si celebra quella inseparabile unione tra l’anima ed il divino di cui parla il Catechismo della Chiesa Cattolica.
Si avvera insomma un’unione mistica che ovviamente comporta la scomparsa dell’Io umano.
Allora il mistico conosce una beatitudine fatta non di vuoto di coscienza, ma bensì di un’infinita pienezza: e questo stato lo afferra e lo plasma, tanto che per lui il tempo e l’esistenza terrena non hanno più significato. L’estasi mistica diviene così l’esperienza dell’estraniarsi da sé, per cui i moti interni dell’anima acquistano sempre più il predominio sul sentire pensare e volere normale.
Il mistico percepisce e sperimenta la realtà di un ‘altro’ mondo ed è perciò un uomo subissato dal mistero: questo spiega quel malessere caratteristico che lo coglie dopo determinate illuminazioni.
Naturalmente l’importanza del misticismo per la vita religiosa, spirituale e culturale è grandissima, poiché non solo è sempre stato fonte di approfondimento della fede, ma anche di arricchimento del linguaggio con la creazione di nuovi concetti e mezzi d’espressione (4).
Il mistico infatti può anche esser poeta, traducendo in immagini, parole e simboli ciò che del mondo ‘altro’ sperimenta e percepisce. I sapienti, comunque, maneggiano la parola per scandagliare gli enigmi di Dio, non per fare letteratura.
Si pensi – scrive ancora F. Castelli – a Dante, a Hopkins, a Holderlin, a Tagore: La mistica, senza la poesia (che sfocia sempre ‘dall’altra parte’, è sempre conoscitiva), è muta; la poesia, ammantata di mistica, è irradiazione di luce, priva di essa, perde di valore e di bellezza.
Il mistico evoca e dice l’indicibile con una parola che va al cuore, creando quello che nomina. E più raggiunge la sua stessa anima, più percepisce l’impronta divina. Il mistico “sente” Dio e quando riveste con la poesia la sua contemplazione acquista una capacità di parlare di straordinaria bellezza. Le parole dei mistici non sono comunque mai parole-parlate, ma sempre parole-parlanti: a noi il piacere almeno di leggerle e di stupirci del loro fresco e cristallino splendore che, a tutte le latitudini ed in tutti i tempi, testimonia l’Eterno e l’Infinito.
Ogni esperienza mistica prevede che non vi sia un soggetto che esperisce e un oggetto esperito, ma che il soggetto sia l’esperienza che fa. L’esperienza intuitiva del mistico consiste nell’entrare a contatto con un livello di realtà non più relativo (in cui sussistono molteplicità e diversità) ma assoluto, unitario. (5)
© all rights reserved
NOTE
1 = La Civiltà Cattolica, pagg. 458/471 – op. cit.
2 = Tra i molti illustri mistici cristiani: S. Francesco, trovatore dell’Amore di Dio, S. Bernardo da Chiaravalle, Maestro Eckhart, rappresentante del misticismo speculativo medioevale tedesco; Enrico Suso, di grande talento lirico, Ildegarda di Bingen, Matilde di Magdeburgo, Margherita Ebner, S. Giovanni della Croce, S. Teresa di Gesù; S. Caterina da Genova e S. Caterina da Siena; S. Francesco di Sales...
3 = Ad esempio Lao-Tze con il suo tentativo di cogliere il Tao; il misticismo indiano (la via dell’amorosa dedizione alla divinità, completamento della via della conoscenza); il misticismo greco (Anassimandro, Plotino, Proclo...); il misticismo islamico o sufismo (al-Hallag; Ibn’ata’Allah...): tra i maestri sufi, tra i mistici arabi e persiani, alcuni sono poeti molto noti: Gialal al-Din Rumi, Hafez, Farid al-Din ’Attar, al-Ghazali, Ibn al-Farid. La poesia di quest'ultimo, che narra, in una lingua a tratti cifrata, il percorso iniziatico, lo scoscendimento nell’ascesi, è ritenuta sacra; il suo stile è fiorito, elaborate le sue immagini. Le sue poesie d’amore sono allegorie dell’unione mistica dell’anima con Dio.
4 = Pur notando che spesso i mistici non furono scrittori di mestiere e talvolta persino quasi analfabeti od illetterati, è da rilevare una generale “trasgressività” nell’uso delle parole, manifestata ad esempio dall’abbondanza di alcune figure retoriche dell’eccesso: il paradosso, per provocare e scuotere il lettore; l’ossimoro (es. ignoranza sapiente; oscurità luminosa; cieco vedere...), per cancellare i confini logici stabiliti e la tautologia (es. morte mortale; quiete tranquilla; giustizia giusta), neutralizzando la distinzione tra sostantivo ed aggettivo. (Liberamente tratto dalla prefazione di M. Baldini al libro Aforismi mistici - op. cit.).
5 = Bianca Cesari, in Pangea (2021)
BIBLIOGRAFIA
- Enciclopedia Italiana Treccani alla voce “misticismo”
- La Civiltà Cattolica, quaderno n°3467 - 3 dicembre 1994 - Mistica e Letteratura
- Aforismi mistici, Mondadori, 1994, Milano
- Catechismo della Chiesa Cattolica, Libreria ed. Vaticana, 1992