Ersilia, un paio di giorni dopo l’episodio del vaso rotto, tornò al negozio di Monsieur Sha’arani e contrattò un prezzo, accettabile per le sue disponibilità, per un magnifico tughra, emblema con il nome del sovrano, entro fisse formule calligrafiche, che rappresentava la firma personale di un sultano ottomano, l’equivalente insomma del cartiglio per un faraone dell’Antico Egitto. Sua madre da tempo ne desiderava uno autentico e questo, realizzato su carta, da un fine artista di corte che aveva utilizzato inchiostro blu e oro, se pure non certo voluttuoso come il tughra speciale di Solimano il Magnifico, sarebbe stato un regalo eccellente per i suoi cinquantacinque anni. Monsieur Sha’arani, con un garbo straordinario e un’aliquota di erudizione al di fuori del previsto, quasi si trattasse di una confidenza riservata, illustrò alla sua interessatissima acquirente la sua teoria circa l’origine di questi svolazzi d’autore: a suo dire, la più possibile tra le interpretazioni era quella che rimandava alle code dei cavalli, dette thug, appunto, da cui il nome, usati negli stendardi turchi come distintivi di grado. Monsieur Sha’arani escludeva perentoriamente che il tughra potesse rappresentare simbolicamente la stretta di mano, usata anticamente dai sultani a suggello della stipulazione di accordi politici, avendo, infatti, il tughra un’indiscutibile forma di mano sinistra, considerata impura nella cultura islamica, poiché usata per la pulizia personale. Ersilia beveva estasiata le spiegazioni di quell’elegante signore, che per età avrebbe potuto forse anche essere suo padre; la pelle appena color cannella conferiva una certa vivacità alla sua persona, da cui promanava una speciale forza di attrazione a lei sconosciuta. 
«Tutti i tughra, pur nella fantasiosa diversità delle specifiche forme, stilizzazioni di probabili elementi vegetali o animali, contengono il nome del regnante, il nome e il relativo titolo del padre del regnante e la frase: “l’eternamente vittorioso”. Vede signorina?», le domandò Monsieur Sha’arani indicandole con il dito le curve sinuose del monogramma. Ersilia sentiva che quella voce suadente la ammorbidiva progressivamente, come la terra inaridita sotto la pioggia. Le pareva che in quelle parole ci fossero mondi fino ad allora a lei preclusi e dal suono della carnale dolcezza della sua voce – erano il suo punto debole le voci – le arrivava qualcosa di misterioso, anzi meglio, di squisito. Nel sangue di quell’uomo correva anche la cultura islamica che sua madre le aveva sempre decantato, oltre al rapporto con il tempo e la storia della sua adorata città siriana d’origine, Hama, la città delle norie – gli enormi mulini che attingono l’acqua dall’Oronte –, probabilmente il primo insediamento urbano della storia, una città piena di bellezza, purtroppo adombrata dai venti di guerra.

dal mio racconto 'In un tempo sospeso'

tughra: sotto i sultani ottomani, emblema con il nome del sovrano, entro fisse formule calligrafiche. Ragioni estetiche e spirituali fanno di una firma un simbolo. Il suo studio è importante per la paleografia e la sigillografia ottomane.
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