'Tu hai forse udito i suoni d’organi degli uomini, ma non ancora quelli della Terra. Tu hai forse udito i suoni della Terra, ma non ancora quelli del Cielo. La grande natura spinge fuori il suo fiato ed ecco il vento. Adesso non soffia, ma quando soffia tutti i pertugi ne risuonano violentemente. Tu non hai ancora udito questo mugghio. I precipizi scoscesi fra le foreste del monte, le cavità ed i buchi degli alberi secolari sono come nasi, bocche, orecchi, anelli, mortai. Il vento bisbiglia, frulla, brontola, afferma, chiama, si lamenta, minaccia, romba. Si leva in pricipio stridente, acuto e suoni anelanti, trafelati lo seguono. E quando va dolcemente c’è leggera armonia e quando scoppia in tempesta c’è forte armonia. Ma allorché esso si placa,' tutte le aperture, tutti i buchi rimangono vuoti. Non hai mai veduto allora come tutto trema leggero?
Ho scelto questo brano, tratto dal libro di Chuang Tsû, per la sua capacità di introdurre una sorta di visione del mondo musicale della Natura, di un cosmo ampio e risonante, di cui forse molti di noi hanno avuto coscienza in qualche circostanza della vita o durante qualche viaggio, esperienza che spesso rende più ricettivi all’ascolto e alla vista.
Tecnicamente si parla di suono quando la sensazione, e quindi il processo che la genera, si svolge senza variazioni rapide né di frequenza né di intensità; tra suono e rumore non c’è una distinzione fisicamente precisa, poiché un attento osservatore anche entro un rumore può distinguere uno o più suoni. Così nel sibilo del vento si può rilevare un suono che varia di altezza a seconda della velocità del vento stesso e così nel rimbombo del tuono, nel mormorio dell’acqua che scorre... si possono percepire miscugli di suoni che variano in modo del tutti irregolare le loro caratteristiche: durata, frequenza ed intensità. I suoni che in musica vengono considerati 'belli' risultano generalmente da moti molto complessi ed armonici, ma questa è una considerazione estetica e non fa parte di questo dire.
Il repertorio dei suoni che ci viene proposto dalla Natura ha certo influenzato lo sviluppo della mente umana, instillando impressioni e sensazioni indelebili fin dagli inizi del Tempo. Il roboare delle cascate, il flusso della marea, l’ululo del vento, il boato del tuono, il crepitio del fuoco... spesso acompagnati da manifestazioni visive altrettanto imponenti e indelebili, appaiono infondo come voci che vengono da un altrove indefinito e magico. Facile e quasi conseguente, dunque, averle tradotte come emanazioni di spiriti o divinità. Questa è stata quindi la gradazione, la successione naturale dei suoni che ha gettato le basi della tavolozza uditiva primaria dalla preistoria a oggi. Nonostante le spiegazioni logiche e razionali derivate dalla conoscenza scientifica sempre più approfondita dei fenomeni acustici, ancora oggi infatti alcuni di questi suoni primordiali non possono che affascinarci e impressionarci intensamente.
Tutti abbiamo sicuramente provato ad avvicinare una conchiglia all’orecchio: è la musica del mare ad avvolgerci, quasi per incanto. La qualità profonda e ovattata del suono che ci rimanda è attribuibile in parte alla foma a spirale dell’interno della conchiglia stessa. L’orecchio umano raccoglie le onde sonore di una certa ampiezza e le comunica al cervello, che ne identifica la frequenza dagli impulsi trasmessi dal nervo uditivo. La percezione di un suono (che distinguiamo da un altro per le sue fondamentali caratteristiche di altezza, intensità e timbro) ci indica l’esistenza di un corpo sonoro capace di compiere rapidi moti periodici che si trasformano poi in sensazioni sonore.
Corpi solidi (placche piane o incurvate, oggetti vuoti, tavole e camere d’aria) o flessibili (lamine, corde o membrane) sono capaci di emettere e produrre suoni, se percossi, strofinati, pizzicati o insufflati: dalle sensazioni che in noi si producono, propagate attraverso l’aria (che è un mezzo elastico), deriva l’eccitazione, come si è detto, del nostro nervo uditivo. Ma cos’è tutto il patrimonio sonoro/musicale che conosciamo se non la diretta elaborazione e interpretazione dei primigenii fenomeni della natura, che l’uomo non ha potuto che imitare? Poiché in principio non fu la parola ma l’azione, dalla scoperta stupefacente dell’eco in poi, i nostri progenitori, sotto l’impeto delle passioni, saranno certo stati imitatori del canto degli uccelli e delle grida degli animali e i primi suoni saranno probabilmente stati ritmi, trilli, schoccare di dita, battere di mani, risultati di gesti non coordinati e disordinati. Dalle prime manifestazioni incoscienti e casuali di rumoni e suoni, di guerra, di giubilo o di lamento, ecco man mano il canto, la danza ed il suonare sempre più armonici e melodici, che da sempre perciò rivelano quanto noi siamo legati alla Terra che ci genera e al Cielo che ci avvolge.
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Bibliografia
• Enciclopedia Italiana Treccani alle voci “musica” e “suono”
• L. Rault, “Musical instruments”, Thames & Hudson, Abrams Inc., New York, 2000

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